L’accordo annunciato e poi sospeso da Israele e Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) per redistribuire 16mila richiedenti asilo eritrei e sudanesi in occidente, compresa l’Italia (ma la Farnesina aveva subito smentito l’esistenza di un accordo in tal senso con il nostro Paese) ha fatto tornare di attualità il tema dei ricollocamenti proposti nel 2015 dalla Commissione Ue per dare una risposta comunitaria alla crisi migratoria che si stava verificando con l’ondata di sbarchi principalmente in Italia e Grecia.
Ricollocamenti dall’Italia a quota 12.583
I dati del Viminale dicono che al 3 aprile 2018, ci sono stati 12.583 ricollocamenti dall’Italia, un terzo della cifra prevista (34.953 trasferimenti da effettuare entro settembre 2017) in base alla ridefinizione del meccanismo da parte delle istituzioni comunitarie. Quasi un terzo del totale dei migranti (5.406) sono stati accolti dalla Germania. Seguono Svezia (1.408), Paesi Bassi (1.008), Svizzera (920), Norvegia (816). Più indietro la Francia (protagonista in questi giorni dello scontro diplomatico per il blitz dei doganieri transalpini a Bardonecchia), con soli 555 richiedenti asilo accolti. Polonia e Ungheria non ne hanno condotti, e assieme alla Repubblica Ceca sono state deferite alla Corte di giustizia europea per la loro inadempienza.
In attesa di una revisione del regolamento di Dublino (in base al quale è responsabile della richiesta d’asilo di un profugo il primo Stato membro in cui vengono memorizzate le impronte digitali o viene registrata la richiesta) il programma di ricollocamento dei richiedenti asilo proposto dalla Commissione Europea (adottato con due decisioni del Consiglio UE nel settembre 2015) prevedeva all’inizio che in due anni (entro settembre 2017) 160mila persone dovessero essere redistribuite da Italia e Grecia nei vari Paesi europei in base a un sistema di quote. Una cifra poi rivista al ribasso a 98.255. Per la Grecia, il totale definitivo era di 63.302 persone, mentre per l’Italia di 34.953.
Numeri ridotti
Ma poiché gli arrivi in Grecia si sono ridotti moltissimo, in seguito all’accordo UE-Turchia, e la maggior parte delle persone che sbarcano in Italia non possono accedere al programma (il ricollocamento riguarda infatti migranti con alta possibilità di vedere accolta la domanda d’asilo: ossia siriani, eritrei ed iracheni; mentre in Italia ai primi posti per arrivi ci sono Paesi come Nigeria, Guinea, Costa d’Avorio) i numeri sono scesi ancora: il totale per entrambi i Paesi è stato ridimensionato ulteriormente dalla Commissione UE a quota 35.245. Una cifra a questo punto a portata di mano. Gli ultimi dati della Commissione Ue (metà marzo 2018) infatti dicono che sono stati compiuti quasi 34mila ricollocamenti (pari al 96% dei migranti aventi diritto), nei due anni previsti dallo schema, e ne restano da ricollocare ancora un migliaio di cui 933 dall’Italia e 143 dalla Grecia.
A febbraio domande di asilo in calo
I dati più recenti sulle richieste di asilo in Italia pubblicati dal Viminale parlano invece di numeri altalenanti. Mentre infatti il numero di domande nel 2017 è cresciuto del 5% su base annua (da 123.600 a 130.119), quelle esaminate dalle Commissioni territoriali sono diminuite del 10% (da 91.102 a 81.527). Mentre nei primi due mesi dell’anno febbraio segna una flessione del 14% rispetto a gennaio sul fronte delle istanze presentate (5.942 rispetto a 6.874) e un leggero aumento su quello delle domande esaminate (6.631 a fronte di 6.550 il mese precedente), con un media che resta stabile intorno al 60% di domande respinte dalle commissioni territoriali competenti.
Primo trimestre 2018, sbarchi in calo del 75%
Sul fronte degli sbarchi, continua il crollo. Nei primi tre mesi del 2018 - secondo i dati aggiornati del Viminale - sono arrivati via mare 6.161 persone, il 75% in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, quando erano stati 24.278. Ancora più netta la flessione per i migranti partiti dalla Libia: sono 4.399 contro i 23.549 del 2017 (-81%). Eritrei (1.551) e tunisini (1.187) i più numerosi.
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