Prima il programma, poi i nomi è il mantra del leader del M5S Luigi Di Maio che oggi si confronta con il segretario federale della Lega Matteo Salvini sui margini di manovra effettivi per arrivare a un Esecutivo giallo-verde. Si parte dunque dal “contratto di governo”, leit motiv della strategia pentastellata, e dalle priorità da mettere in campo. Serviranno ore, forse giorni, ma il clima del “tavolo politico” è positivo, anche perché il fallimento dell'intesa metterebbe nei guai entrambi i leader. A indurre ottimismo sono in particolare le forti sintonie programmatiche su quattro temi bandiera del populismo all'italiana: no alla riforma Fornero, reddito cittadinanza, e gestione dei migranti. Accantonato invece il contrasto del cosiddetto conflitto di interessi.
Pensioni, ritorno al sistema delle quote
Sul primo punto - che rappresenta una mina potenziale per i conti pubblici - la convergenza dovrebbe arrivare facilmente: l'abolizione della legge Fornero è infatti assai invisa a entrambe le forze politiche. Il leader leghista ha più volte promesso di cancellare le norme pensionistiche dell'ex ministra del Lavoro nel primo Consiglio dei ministri che lo vedesse protagonista. I Cinque stelle, per una volta più realisti, puntano su un più morbido «superamento» della riforma. In sintesi, la trattativa dovrebbe riguardare le modalità per avviare la reintroduzione delle pensioni di anzianità (sì al pensionamento per i lavoratori con più di 40 anni di contributi alle spalle, a prescindere dall'età anagrafica). In discussione quindi “quota 100” (sì alla pensione quando la somma di età anagrafica ed età contributiva fa 100) e “quota 41” (sì alla pensione quando l'anzianità contributiva arriva a 41 anni). Il ritorno al meccanismo delle quote sarebbe infatti il modo più rapido per evitare l'aumento dell'età e dei contributi dettato dalla riforma Fornero sia per la pensione anticipata che per le pensioni di vecchiaia.
Ipotesi “Reddito di autonomia”
Le affinità tra Lega e M5S non mancano anche sul fronte del sostegno al reddito per i meno abbienti e in generale per chi è vicino alla soglia di povertà e disoccupato. Nelle scorse settimane la divergenza sul punto tra i due partiti sembrava insanabile: da un lato il reddito di cittadinanza pentastellato (1.560 euro al mese per una famiglia di 3 persone, 1.950 per un nucleo di 4) dall'altro il Reddito di avviamento al lavoro della Lega (750 euro al mese per i disoccupati erogato per tre anni sotto forma di «prestito» a tasso zero). Ora si lavora ad una soluzione di compromesso ispirata al “reddito di autonomia” sperimentato dalla Regione Lombardia. In sintesi, fino a 800 euro mensili di sostegno alle famiglie in difficoltà, riconosciuti solo a chi si impegna seriamente nella ricerca di un impiego (un obbligo oggi previsto anche dal Reddito di inclusione introdotto dal Pd nella scorsa legislatura).
Piu’ espulsioni contro l’immigrazione irregolare
Il terzo punto programmatico condiviso riguarda la gestione dell’immigrazione. La convergenza riguarda in particolare il contrasto ai clandestini e il rafforzamento delle procedure per il rimpatrio forzato dei migranti irregolari presenti sul territorio nazionale. In vista quindi l’introduzione nel nostro ordinamento del reato di immigrazione clandestina tarato in modo da consentire la rapida espulsione dei migranti irregolari. Prevista la conferma della protezione internazionale per chi risulta in fuga da guerre e conflitti. Nel programma dovrebbe rientrare anche l’impegno ad avviare la revisione dei rapporti con le comunità islamiche per favorire un maggior contrasto alla diffusione del terrorismo in Italia.
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