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M5S-Lega di nuovo distanti. Il passo del gambero di Salvini e Di Maio

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i distinguo

M5S-Lega di nuovo distanti. Il passo del gambero di Salvini e Di Maio

I passi avanti del fine settimana milanese culminati con quella frase concordata al Colle: «Siamo pronti a riferire». E adesso, al termine di quello che si credeva sarebbe stato il giorno decisivo, il passo del gambero che fa tornare in primo piano i distinguo e le tattiche.
Luigi Di Maio e Matteo Salvini concordano oggi soltanto su due punti: la richiesta di più tempo e il silenzio (ovvero il mancato accordo) sul nome del premier. Usando il tavolo sul contratto di governo come gigantesca foglia di fico per nascondere il buco nell’acqua tutto politico. E riaprendo tutte le ipotesi, compresa quella del ritorno al voto (come ha lasciato intendere il leghista Giancarlo Giorgetti), riportano il gioco del governo giallo-verde al punto di partenza.

Dal reddito di cittadinanza alla nuova rottamazione: le novità del contratto di governo M5S-Lega

È stato Salvini, con il fiato sul collo di Berlusconi “riabilitato”, il più realista tra i due leader. Ma entrambi hanno inviato messaggi molto chiari sulle distanze anche programmatiche che separano Lega e Movimento. Di Maio ha inaspettatamente citato obiettivi di cui mai finora aveva parlato. Due su tutti: la tutela dei beni comuni, «a partire dall’acqua pubblica» e il «carcere per chi evade» (non proprio una priorità per il centrodestra). Il segretario del Carroccio, in maniera ancora più esplicita, ha evidenziato la «notevole distanza» con i Cinque Stelle sull’immigrazione chiedendo «mano libera per tutelare la sicurezza degli italiani, anche con la legge sulla legittima difesa». Ha poi ribadito la volontà di ridiscutere i «vincoli esterni», europei in testa, altro passaggio che sta riscaldando il tavolo, con il M5S più “rigorista” e meno incline a sforare i parametri sul deficit. Infine, ha nominato la giustizia e le infrastrutture, dove le visioni divergono moltissimo: i pentastellati insistono sul “no” a Tav e Tap e invocano una verifica di utilità per tutte le grandi opere, i leghisti spingono l’acceleratore per far partire i cantieri.

Come se non bastasse, la Lega ha sfidato i Cinque Stelle sul tema della democrazia diretta, indicendo i gazebo dopo che Di Maio ha ricordato la necessità di far votare agli iscritti sulla piattaforma Rousseau il contratto di governo. L’ennesimo passaggio che ruba tempo, ma che soprattutto restringe ancora di più i margini di manovra per il futuro premier. Chiunque fosse, si troverebbe con un programma blindato e una sola opzione: “prendere o lasciare”. Il presidente Mattarella ha fatto filtrare il suo via libera a qualche giorno in più di tempo perché «non intende impedire la nascita di un governo politico che avvii finalmente la legislatura». Una scelta ragionevole che è anche un invito alla ragionevolezza, o almeno una speranza. Se falliranno, si dovranno assumere la piena responsabilità del fallimento. Senza alibi.

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