Italia

M5s-Lega, rapporti tesi con la Ue: ma c’è convergenza…

  • Abbonati
  • Accedi
verso il nuovo governo

M5s-Lega, rapporti tesi con la Ue: ma c’è convergenza su aumento rimpatri

I rapporti con la Ue sono uno dei punti più delicati secondo tutte le istituzioni e gli osservatori internazionali per quello che si preannuncia il futuro governo M5s-Lega. Come testimonia la richiesta, contenuta nel contratto di governo, di ridiscussione dei trattati o di riforma dei «meccanismi di gestione di fondi Ue». Anche se (per ora) non è in discussione l’uscita dall’euro e nell’ultima versione del programma sono state accantonate le misure straordinarie per il taglio debito. Ma c’è un tema sul quale va segnalata una convergenza nel programma M5s-Lega e commissione Ue: quello della necessità di incrementare il numero dei rimpatri. Tema per la verità affrontato anche dal ministro dell'Interno del governo Gentiloni, Marco Minniti.

Ue: più centri detenzione e rimpatri
Nella relazione aggiornata sull’attuazione delle politiche migratorie, pubblicata due giorni fa dalla Commissione Ue (che chiede anche l’apertura di tre hotspot aggiuntivi, per la registrazione dei migranti sbarcati, come già pianificato) Bruxelles ha chiamato l’Italia ad aumentare la capacità dei centri di detenzione, ritenuti un elemento cruciale per accrescere il numero dei rimpatri. Stesso richiamo due giorni fa dal direttore per Migrazione e protezione della Commissione europea Laurent Muschel. E anche oggi la Commissione Ue ha chiesto agli Stati membri «di accrescere le capacità dei centri di detenzione e aumentare i rimpatri» dei migranti economici, senza entrare peraltro nei dettagli del contratto di governo chiuso da M5s e Lega.

Gli ostacoli ai rimpatri
Sono due i problemi principali che impediscono il ricorso più massiccio allo strumento del rimpatrio: il costo (si parla in media di 1.200-1.300 euro a straniero cui vanno aggiunti i costi per il personale di polizia che deve accompagnarlo e che portano a triplicare la cifra finale); l'accordo con i Paesi di origine; l'Italia ha siglato intese per i rimpatri con Tunisia, Egitto, Nigeria, Sudan e Gambia. Senza l'ok degli Stati di provenienza, i migranti non possono ovviamente essere rimandati in patria.

La strada degli accordi bilaterali
Nel contratto di governo con la Lega sottoposto in queste ore dal M5s al voto degli iscritti sulla piattaforma Rousseau, si trovano proposte molto controverse, come la previsione di specifiche fattispecie di reato che comportino, qualora commessi da richie denti asilo, il loro immediato allontanamento dal territorio nazionale. Ma si sottolinea anche la necessità di «implementare gli accordi bilaterali, sia da parte dell'Italia sia da parte dell'Unione europea, con i Paesi terzi, sia di transito che di origine, in modo da rendere chiare e rapide le procedure di rimpatrio». Ad oggi, si legge ancora «sarebbero circa 500mila i migranti irregolari presenti sul nostro territorio e pertanto una seria ed efficace politica dei rimpatri risulta indifferibile e prioritaria». Di qui la necessità di «prevedere, contestualmente, l'individuazione di sedi di permanenza temporanea finalizzate al rimpatrio, con almeno uno per ogni regione, previo accordo con la Regione medesima, e con una capienza tale da garantire il trattenimento di tutti gli immigrati irregolari presenti e rintracciati sul territorio nazionale, garantendo la tutela dei diritti umani».

La carenza di posti disponibili
Al problema della carenza di posti disponibili negli centri di trattenimento aveva cercato di dare una risposta il governo Gentiloni con il decreto-legge n. 13 del 2017, che, oltre a ridenominare «Centro di permanenza per i rimpatri» (Cpr) gli ex Centri di identificazione ed espulsione – (Cie), prevedeva l’ampliamento della rete, in modo da assicurare la distribuzione delle strutture sull'intero territorio nazionale. Le intenzioni del Governo, così come espresse dal ministro dell'Interno Minniti erano di «creare dei centri destinati agli irregolari che, pur incensurati, risultino pericolosi». I centri dovevano essere «di piccole dimensioni e dislocati uno per regione, per una capienza complessiva di 1600 posti».

Il rapporto della commissione d’inchiesta
Del resto, che il sistema dei rimpatri in Italia non funzioni lo ha certificato la Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema di accoglienza, identificazione ed espulsione dei migranti, che nella sua relazione di fine legislatura sul sistema di protezione e di accoglienza dei richiedenti asilo, ha messo nero su bianco nelle sue conclusioni che «oltre alle iniziative volte a potenziare le misure di accoglienza e di integrazione dovrebbero essere rafforzate le misure di rimpatrio (sia quello volontario assistito che, in secondo luogo, quello forzato) nei confronti di coloro a cui non viene riconosciuta alcuna forma di protezione».

Gli ultimi dati
Nel 2017 complessivamente, dei circa 45.000 trovati in posizione irregolare, in 25.000 non sono stati rimandati nei Paesi di provenienza. Nel 2016 i rimpatriati erano stati 5.817 e nel 2015 5.505, ma in quei due anni erano stati di meno anche gli stranieri irregolari rintracciati (rispettivamente 41.000 e 34.000).

© Riproduzione riservata