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Governo Conte, le famiglie e la Flat tax: ecco chi guadagna di più

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la riforma fiscale

Governo Conte, le famiglie e la Flat tax: ecco chi guadagna di più

Il primo ministro Giuseppe Conte (Ansa)
Il primo ministro Giuseppe Conte (Ansa)

In prima fila nell’agenda fiscale del nuovo governo c’è la Dual tax, cioè l’evoluzione contrattuale della Flat tax scritta nel programma del centrodestra con l’obiettivo di aumentare un po’ la progressività rispetto alla tassa piatta “originaria”.

Il neoministro dell’Economia, Giovanni Tria, ha spiegato di vedere con favore la semplificazione e la riduzione del carico fiscale alla base della riforma, ben sapendo però che nel passaggio dai «contratti di governo» ai disegni di legge si pongono problemi importanti di fattibilità e coperture. Ma l’indirizzo politico è chiaro, e anche per ragioni di bandiera è destinato a essere uno degli snodi chiave nelle prime misure dell’esecutivo giallo-verde. Ma in che direzione va il progetto di riforma fiscale?

L’INCIDENZA DEL RISPARMIO FISCALE SUL REDDITO
Confronto tra la tassazione Irpef attuale e la futura Dual tax con aliquote al 15 e 20 per cento di tre nuclei familiari tipo. (*scatta la clausola di salvaguardia. Fonte: elaborazione del Sole 24 Ore del lunedì)

Il nuovo “pacchetto Irpef” è al momento caratterizzato da due aliquote, molti risparmi promessi e altrettante incognite. La riforma punterebbe appunto su due aliquote secche, il 15% per i redditi familiari fino a 80mila euro e il 20% per quelli superiori. Una rivoluzione rispetto all’Irpef attuale, anche perché la Dual tax manderebbe in soffitta il sistema attuale delle aliquote «marginali». Il 20%, in altri termini, sarebbe applicato a tutto il reddito delle famiglie che superano la soglia degli 80mila euro. A completare il quadro, per la ricerca della progressività, interverrebbe l’architettura a tre livelli delle deduzioni da 3mila euro: applicate a ogni componente del nucleo familiare fino a 35mila euro di reddito complessivo, solo ai familiari a carico nella fascia 35-50mila per scomparire quando le entrate dichiarate sono più alte.

Una strada utile per misurare l’impatto effettivo della Dual tax sull’economia familiare passa dalla misura del peso che i risparmi ipotizzati dal nuovo sistema avrebbero sul reddito complessivo dei contribuenti. In questo modo è possibile anche valutare le ricadute in termini di equità, che saranno al centro del dibattito quando si tratterà di provare a passare ai fatti, e di propensione al consumo delle famiglie: a loro infatti la Dual tax affida il compito di rilanciare la crescita italiana con la spinta dei consumi interni, cuore economico della proposta. Anche perché tra le ipotesi di copertura, almeno nelle analisi svolte da Tria con la giacca dello studioso, c’è quella di lasciar partire gli aumenti dell’Iva previsti nelle clausole di salvaguardia. L’effetto finale, in questo caso, dipenderà dal rapporto fra la frenata ai consumi prodotta dall’Iva (solo un decimale di Pil secondo il Def) e la spinta impressa dai tagli fiscali.

In rapporto ai guadagni dichiarati, i risparmi promessi dalla Dual tax si fanno più rilevanti nella fascia fra i 60mila e gli 80mila euro, si riducono un po’ intorno ai 100mila euro e risalgono sopra, dove però i contribuenti interessati diventano rari. Scendendo nella piramide dei redditi, invece, anche i benefici si riducono, fino ad azzerarsi per le fasce più basse dove dovrebbe scattare la clausola di salvaguardia che mantiene l’attuale sistema di aliquote e detrazioni quando è più conveniente della proposta giallo-verde. Un’incognita non da poco, quest’ultima, sull’obiettivo della semplificazione, perché per un’ampia fascia di contribuenti imporrebbe di mettere a confronto due sistemi fiscali diversi per individuare il più conveniente.

Per capire a fondo gli effetti della possibile riforma bisogna partire dal perno del sistema, il concetto di «reddito familiare» che si sostituisce al valore individuale intorno a cui ruota l’Irpef di oggi. I 60-80mila euro di reddito complessivo in cui si concentrano in proporzione i risparmi più consistenti indicano senza dubbio una fascia medio-alta, ma va considerato che un’entrata familiare da 60mila euro può essere prodotta da due stipendi da 30mila euro, quindi in pieno ceto medio.

Sempre nel nome della “semplificazione”, e dei conti di una riforma che altrimenti avrebbe costi ancora più esplosivi, nell’idea originaria arriverebbe poi la cancellazione degli attuali sconti fiscali, con l’eccezione delle detrazioni per i mutui prima casa e di quelle per ristrutturazioni e riqualificazioni energetiche già avviate. Una rivoluzione che cambierebbe drasticamente i conti finali caso per caso, e che rappresenta forse l’ostacolo politico e pratico più forte sulla strada verso la Dual tax.

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