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Dossier | N. 37 articoliAmministrative, il 24 giugno ballottaggi in 75 comuni

Comunali: dopo Salerno (2016) e Palermo (2017), il Pd corre senza il suo simbolo anche a Catania e Trapani

(Ansa)
(Ansa)

Lo scarso appeal dei partiti tradizionali, dicono i maligni. O la volontà di
«aprirsi ad altre forze, parlando ai giovani, ai professionisti e al tessuto produttivo», dicono i promotori dell’iniziativa. Dopo i casi di Salerno (nel 2016) e di Leoluca Orlando a Palermo nel 2017, anche per le prossime comunali del 10 giugno a Catania e a Trapani, il Partito democratico parteciperà a sostegno dei propri candidati sindaco senza una lista con il simbolo del Pd.

Tensione tra i dem a Trapani
«Abbiamo accolto la proposta del candidato sindaco Giacomo Tranchida di aderire come lista civica e non con il nostro simbolo». Ha spiegato così, a metà maggio, il coordinatore cittadino dei dem Francesco Brillante la decisione del partito di non correre con una lista Pd a Trapani (il partito alle politiche in città è crollato all’11%). La candidatura di Tranchida, tuttavia, non ha risparmiato mal di pancia dentro i dem, al punto che Piero Savona (candidato a sindaco lo scorso anno, che ottenne 16.000 preferenze) ha abbandonato il partito. Buona parte del Pd è confluita nella lista “Demos”, che appoggia appunto Tranchida.

Bianco e la carta della candidatura civica
La stessa strategia è stata adottata a Catania. Il sindaco uscente Enzo Bianco (Pd), ha deciso di ricandidarsi per il suo quinto mandato. L’ex ministro dell'Interno dei governi D'Alema e Amato, negli anni passati avvicinatosi a Matteo Renzi, ha giocato la carta della candidatura civica: lui che è stato tra i fondatori del Pd, non sarà appoggiato da una lista del Pd (il partito ha preso alle politiche in città l’11,7%), i cui candidati consiglieri comunali saranno presenti all’interno di alcune delle 6 liste civiche che sostengono Bianco.

L’esperienza vincente di Orlando a Palermo
Sia Bianco a Catania che Tranchida a Trapani sperano di bissare la strategia vincente di Leoluca Orlando, riconfermato primo cittadino di Palermo al primo turno la scorsa primavera (in base alla legge comunale siciliana, è stato sufficiente il 46% per evitare il ballottaggio). Non senza strascichi polemici interni, Orlando aveva posto come condizione ai partiti politici sostenitori, Pd in primis, il divieto di presentare il simbolo. Ritenuto evidentemente causa di allontanamento della gente dal voto.

Il caso Salerno
In realtà è stato Salerno, patria dell’attuale governatore Pd della Campania, Vincenzo De Luca, il primo capoluogo dove è stata adottata la strategia dem di non presentare il proprio simbolo. Lo schema si è ripetuta negli anni 1997, 2001, 2006, 2011, vale a dire dalla prima rielezione di De Luca stesso a primo cittadino. «C’è la necessità - aveva spiegato l’attuale governatore - di aprirsi ad altre forze, parlando ai giovani, ai professionisti e al tessuto produttivo». Ed è stato sempre De Luca a esultare nel 2016 quando Enzo Napoli è stato eletto sindaco di Salerno con il 72%. Nel capoluogo non c’era nessuna lista con il simbolo del Pd.

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