Di esperienze istituzionali non è affatto a digiuno, il nuovo sottosegretario agli Affari europei: ne ha collezionate diverse negli ultimi 20 anni. La cosa curiosa è che Luciano Barra Caracciolo, 58 anni, romano di nascita, adesso braccio destro del ministro agli Affari europei, si è fatto notare non poco in chiave anti europeista. Chi desiderasse approfondire può dare una sbirciata alla bibliografia: tra i titoli a sua firma figurano infatti Euro e (o?) democrazia costituzionale, edito da Dike nel 2013, e La Costituzione nella palude. Indagine sui trattati al di sotto di ogni sospetto (Imprimatur, 2015).
Il braccio destro di Savona
Cosa curiosa, ma neanche troppo, se consideriamo che il ministro di riferimento si chiama Paolo Savona, l’uomo del famoso «piano B» che contemplava l’uscita dall’eurozona in un weekend, inizialmente designato all’Economia dal leader leghista Matteo Salvini, nel nome del quale il governo Conte rischiava di naufragare ancor prima di nascere, causa veti del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e - si dice - della Troika. Definire Barra Caracciolo un euro-scettico è quasi un eufemismo. Anche in questo caso, qualche lettura può riuscire utile a chi intende per approfondire l’argomento. Il neo sottosegretario, un anno fa sul blog anti euro Scenarieconomici.it molto frequentato anche da Savona, pubblicava un post «fondamentale» (così definito dallo stesso Scenarieconomici.it) dal titolo netto: «Ordoliberismo e euro: la lunga marcia della restaurazione».
C’era una volta l’«ordoliberismo»
Laddove per ordoliberismo si intende «veste €uro-attuale del neo-liberismo che, imperniata sull’obiettivo del lavoro-merce, prende atto dell’ostacolo delle Costituzioni sociali contemporanee (fondate sul lavoro), e agisce divenendo “ordinamentale”, cioè impadronendosi delle istituzioni democratiche per portarle gradualmente ad agire in senso invertito rispetto alle previsioni costituzionali». Passaggio criptico? Per spiegarlo si può scorrere il post di Barra Caracciolo e arrivare sino all’immagine raffigurante una bandiera Ue che nasconde una bandiera del Terzo Reich. E su tutto campeggia una citazione del presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker, risalente al periodo in cui era presidente dell’Eurogruppo: «Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po’ per vedere cosa succede. Se non provoca proteste né rivolte, perché la gente non capisce niente di cosa è stato deciso, andiamo avanti fino al punto di non ritorno». Come biglietto da visita, per il sottosegretario del ministero che avrà il compito di preparare i vertici europei, davvero non c’è male.
L’«esperto» dei governi Berlusconi e Prodi
Non sono comunque certo le esperienze istituzionali a mancare nel curriculum di Barra Caracciolo. Laurea in giurisprudenza magna cum laude conseguita nel 1982 all’età di 23 anni, con una tesi in diritto processuale amministrativo, alla fine degli anni Ottanta è magistrato ordinario, nei primi Novanta giudice amministrativo prima al Tar poi al Consiglio di Stato. Parallelamente incrocia più di un governo della Seconda Repubblica: è prima consigliere giuridico di Giuliano Urbani, ministro della Funzione pubblica del primo governo Berlusconi, poi di Franco Frattini con il governo Dini, poi ancora per Berlusconi capo del gabinetto del ministero per gli Italiani nel mondo. Cambia il colore dell’esecutivo, ma Barra Caracciolo continua a fornire i suoi consigli giuridici. Con Franco Bassanini ministro del primo governo Prodi, per esempio, è membro della commissione per l’elaborazione di una legge per il riordino delle autorità indipendenti, nonché esperto per il Nucleo della semplificazione dell’attività amministrativa presso la presidenza del Consiglio.
Nel 2001 torna Berlusconi e Barra Caracciolo diventa vicesegretario generale della presidenza del Consiglio. Al lungo cursus honorum di esperto governativo, si affianca la carriera di giudice: dal 2010 il neo sottosegretario diventa presidente di sezione del Consiglio di Stato. Tante partecipazioni a convegni sull’Unione europea, tante polemiche a seguire. Che adesso potrebbero avere come scenario proprio Bruxelles.
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