La notizia dell’inchiesta sullo Stadio della Roma e dei nove arresti scattati ieri, è un cambio di pagina spiazzante che mette a dura prova un’alleanza appena sbocciata. È troppo presto per dire quanto sia potenzialmente pericolosa per la tenuta del Governo ma, prima ancora, lo è per la tenuta della coppia Salvini-Di Maio e dei rispettivi partiti che sul tema della giustizia hanno riflessi piuttosto diversi.
E la conferma è stato il diverso modo in cui hanno reagito il leader leghista e il capo politico dei 5 Stelle: il primo ha detto di aver conosciuto personalmente uno degli imprenditori coinvolti e arrestati e di considerarlo una «persona perbene che spero possa dimostrare la sua innocenza». Il vicepremier grillino invece ha attivato i probiviri del Movimento per «accertare tutto quello che c’è sulle persone coinvolte».
Insomma, almeno nelle primissime reazioni uno scarto c’è e una delle incognite è se Lega e 5 Stelle riusciranno a trovare una sintonia su come comportarsi qualora i magistrati dimostrassero una tela di corruzione che coinvolge i due partiti.
Già ora i nomi tirati in ballo sono di personaggi di un certo peso, come il presidente dell’Acea Luca Lanzalone, vicino non solo a Di Maio ma a Beppe Grillo. Una tegola vera per il Movimento che ha fatto della legalità il suo tratto identitario e che ha già in parte modificato il suo codice etico sulla base delle inchieste maturate a carico della Raggi, per esempio sull’avviso di garanzia. Adesso, la sfida è riuscire a mantenere integro quel profilo, soprattutto ora che sono al Governo, soprattutto ora che hanno fortemente voluto – e ottenuto - il ministero della Giustizia proprio per rafforzare la loro battaglia. Li attende, dunque, una prova di credibilità. Ma anche la Lega ha una doppia tegola da gestire perché – sembra – che l’inchiesta sullo stadio di Roma (e i finanziamenti a un’associazione vicina al partito) trovi dei collegamenti con l’inchiesta di Genova. E certo è difficile da immaginare che dai due giovani leader possano arrivare reazioni come quelle di Berlusconi che dietro le inchieste della magistratura leggeva sempre la trama di un complotto politico. Alla fine, i due dovranno decidere uno stesso modus operandi nel trattare le tegole giudiziarie altrimenti la giustizia può diventare un terreno di scontro.
E questo è un dilemma che riguarda soprattutto Di Maio. Non solo per la ragione già detta, che la legalità è il tratto identitario più forte del suo partito ma perché questo Governo è descritto “a trazione leghista”. Per esempio, le mosse contro Macron, le scuse pretese (e ieri non arrivate) sono state gestite interamente da Salvini mentre Conte comunque si ritroverà – prima o poi – faccia a faccia con Macron. Così come accadrà al ministro Tria che ha dovuto annullare l’incontro con il suo collega francese per tenere il punto messo da Salvini ma dal Mef hanno fatto sapere che prima dell’Eurogruppo i due si incontreranno. Ecco, un conto è “subire” Salvini sull’immigrazione, altro conto è farsi “invadere” il campo della giustizia dove i 5 Stelle non possono perdere la voce.
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