Proroga di sei mesi della «scheda carburante». Gioco d’azzardo. Stretta sul lavoro a termine, con il possibile ripristino delle causali, e l’estensione del “giro di vite” anche alla somministrazione. Norme anti-delocalizzazione per evitare che aziende, che hanno usufruito di incentivi statali, lascino il Paese e incrementino il numero di disoccupati.
Accelera il lavorio “tecnico” per mettere a punto il decreto-legge con le prime misure del governo Conte che, da quanto si apprende, saranno incentrate, prevalentemente, su fisco e occupazione. Anche ieri, per tutta la giornata, si sono succedute riunioni operative con l’intento di mettere a punto il dettato normativo. Il fattore tempo incombe: le Camere, infatti, prima della pausa estiva, avranno meno di 50 giorni di sedute effettive, e se si conferma lo strumento del decreto-legge bisognerà correre e portarlo in Consiglio dei ministri al più tardi la prossima settimana (per convertirlo in legge prima delle varie partenze per le vacanze). Di qui l’idea di partire con un testo “snello” contenente le misure già a buon punto di elaborazione, e poi implementarlo nel corso dell’esame parlamentare, attraverso la presentazione degli emendamenti.
Sul versante fiscale la misura più attesa e soprattutto più urgente (anche in considerazione dello sciopero indetto dai gestori per il prossimo 26 giugno) è rappresentata dall’intervento sulla fattura elettronica per i rifornimenti di carburante da parte dei titolari di partita Iva per la quale l’ultima manovra ha fissato l’obbligo a partire dal prossimo 1° luglio. L’ipotesi più probabile, al momento, è quella di un rinvio di sei mesi dell’addio alla scheda carburanti (come anticipato dal Sole 24 Ore del 15 giugno). Di fatto, si verrebbe a creare un doppio binario con il distributore che potrà ”attestare” l’avvenuto rifornimento ai titolari di partita Iva sia con le regole attualmente in vigore sulla scheda carburanti sia con la fatturazione elettronica. Di fatto, quest’ultima diventerebbe solo falcoltativa per gli ultimi sei mesi del 2018. Una soluzione compatibile anche con i conti pubblici, in quanto le norme per il doppio binario avrebbero un costo molto contenuto. Gli oneri si limiterebbero, infatti, a 5 milioni e potrebbero essere coperti attraverso una riduzione dello stanziamento dei Fondi di riserva del ministero dell’Economia.
Mentre la proroga tout court della fattura elettronica costringerebbe il Governo a recuperare coperture per oltre 100 milioni di euro. E l’ipotesi che sta prendendo corpo è quella di utilizzare i sei mesi di doppio binario per lavorare alla semplificazione dei meccanismi di trasmissione e ricezione della fattura elettronica, che dal 2019 sarà obbligatoria in tutte le operazioni tra privati. Più difficile che partano da subito proposte, anche se abbondantemente annunciate negli ultimi giorni, come la «pace fiscale» che richiede un po’ più di tempo di elaborazione, anche per le simulazioni sugli impatti.
Sul fronte lavoro, il provvedimento, nella versione “light”, dovrebbe contenere la prima vera spallata al Jobs act. Nel mirino i contratti a termine: qui si profila una pesante riscrittura del decreto Poletti del 2014 che, come si ricorderà, ha liberalizzato l’istituto per tutti i 36 mesi di durata. Il governo è intenzionato a reintrodurre le causali, circoscrivendole a tre fattispecie, vale a dire ragioni tecnico-produttive, organizzative come nuovi progetti o sostitutive. Si ipotizza pure di ridurre da cinque a quttro il numero di proroghe, e lo stesso restyling dovrebbe riguardare i contratti di somministrazione.
Si sta ragionando, pure, di limitare la possibilità della contrattazione, compresa quella aziendale, di modificare durate e tetti di utilizzo dei contratti a termine. L’obiettivo, rilanciato anche dal ministro, Luigi Di Maio, su questo giornale, è ridurre il precariato; lo stesso Di Maio ha però assicurato una riflessione sul periodo transitorio per evitare, con l’entrata in vigore del dl, effetti negativi su aziende e lavoratori.
Il tema è delicato. Il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, condivide l’obiettivo generale di contrastare il precariato; tuttavia, avverte, «occorre aprire un confronto per capire quali regole mettere nell’interesse del Paese». Un messaggio chiaro a evitare “accelerazioni” e tenendo sempre a mente che l’Italia «deve attrarre investimenti e non spaventare investitori».
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