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Imprese, niente aiuti a chi delocalizza entro cinque anni

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le misure del decreto

Imprese, niente aiuti a chi delocalizza entro cinque anni

Il vincolo temporale anti-delocalizzazioni scende a 5 anni dai 10 previsti nelle prime bozze e soprattutto sarà limitato a quegli aiuti che prevedono «investimenti produttivi».

Queste le ultime novità che, salvo sorprese dell’ultima ora, dovrebbero alleggerire almeno temporalmente l’annunciata stretta sulle delocalizzazioni - prevista dal decreto dignità - che si applicherà non solo a quelle extra Ue (in parte già disciplinate), ma anche a tutte quelle imprese che decideranno di trasferire l’attività in altri Paesi dell’Unione europea. Aspetto, questo, sul quale Bruxelles potrebbe accendere un faro. Ancora in bilico la possibile retroattività della norma che si applicherebbe «a tutti gli interventi - recita la bozza della relazione al decreto- già istituiti alla data di entrata in vigore delle nuove previsioni» (ci saranno 180 giorni per adeguare le misure esistenti).

Nel mirino finiranno «contributi, finanziamenti agevolati, garanzia e aiuti fiscali»: tra gli aiuti coinvolti ci sarebbero dunque misure come il bonus per gli investimenti al Sud, i contratti di sviluppo e la Sabatini bis. Nel caso in cui un’azienda trasferisca l’attività economica per il quale si è ricevuto l’aiuto («ovvero un’attività analoga o una loro parte) entro cinque anni «dalla data di conclusione dell’iniziativa agevolata» il contributo dovrà essere restituito con gli interessi calcolati al tasso di riferimento vigente al momento dell’erogazione e maggiorati fino a 5 punti. Non solo. Si applicherà anche una pesante sanzione, da due a quattro volte l’importo indebitamente fruito.

Non legata per forza alle delocalizzazioni è anche l’altra misura che riguarda le imprese che riducono l’occupazione dopo aver incassato un aiuto. Il decreto prevede la revoca «in tutto o in parte» dei benefici concessi alle imprese che riducono i livelli occupazionali degli «addetti all’unità produttiva o all’attività interessata dall’aiuto» nei cinque anni successivi. Una misura questa che - va sottolineato - riguarderà non solo quegli aiuti di Stato «che prevedono la valutazione dell’impatto occupazionale ai fini dell’attribuzione dei benefici», ma anche gli altri aiuti che richiedono «una valutazione delle ricadute economiche e industriali dei progetti agevolati».

La norma non prevede soglie minime di riduzione dell’occupazione, ma stabilisce che la misura della revoca dell’aiuto è determinata «tenendo conto della dimensione dell’impresa e dell’entità della riduzione del livello occupazionale». Anche in questo caso potrebeb scattare una possibile retroattività (con 180 giorni per le modifiche necessarie).

Confermata anche la stretta sull’iperammortamento fiscale di Industria 4.0 che potrebbe colpire eventuali “abusi” delle multinazionali. Nel mirino le cessioni a titolo oneroso o la delocalizzazione all’estero dei beni e dei macchinari incentivati. In questo caso l’impresa è tenuta a restituire - attraverso una variazione in aumento del reddito imponibile - i benefici fiscali applicati nei periodi di imposta precedenti.

Sotto la lente anche l’applicazione del credito d’imposta sulla ricerca per le operazioni infragruppo. Si stabilisce che i costi di acquisto da fonti esterne dei diritti di privativa industriale e degli altri beni intangibili (come i brevetti) non assumono rilevanza. In deroga allo Statuto del contribuente, la norma si applica già da quest’anno sui costi degli investimenti già effettuati in base alla media triennale (il bonus si basa sulla spesa incrementale rispetto al periodo 2012-2014).

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