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verso la finale di mosca

Piccolo Paese, gigante nello sport: che cosa c’è dietro il «metodo Croazia»

Qualcuno pensa che sia merito del rosario che il ct Zlatko Dalic stringe con la mano nella tasca destra dei pantaloni. In verità, l’accesso della Croazia alla finale dei Mondiali non è un miracolo ma il frutto di una strategia ben precisa che in molti già chiamano il «metodo croato», invocando un procedimento quasi scientifico. Più che una formula magica, quella croata è una formula matematica: l’hanno applicata al calcio, ma anche alla pallanuoto e al basket, e l’equazione si è dimostrata esatta. Ma quali sono i parametri di questa operazione?

Prima di tutto bisogna partire dai dati a disposizione: i 4 milioni di abitanti. Pochi, pochissimi per una nazione. Lo stesso numero di abitanti di regioni come l’Emilia Romagna o la Puglia. Proprio per questo, stupisce l’alta percentuale di sportivi di altissimo livello. Come fanno a esserci così tanti fuoriclasse dentro un Paese così piccolo? «Cosa mangiano in Croazia?», si chiede già la Rete. Seppure la dieta sia un fattore importante per gli sportivi, il segreto non sta nella cucina ma nel vivaio. Il giardinaggio non c’entra: c’entra, piuttosto, la serietà con cui fin da piccolissimi i bambini vengono seguiti nello sport.

Si comincia molto presto a calciare un pallone, e lo stesso vale per chi viene iniziato al basket, al tennis o alla pallanuoto. A 16/17 anni moltissimi ragazzi hanno già un’esperienza in prima squadra e lo sport si trasforma in fretta in un “lavoro”.

Un buon esempio è rappresentato dal settore giovanile della Dinamo Zagabria il cui obiettivo è quello di far arrivare in prima squadra almeno due giocatori per ciascuna delle undici categorie in cui è strutturato. Oggi - secondo il sito “Ultimo uomo” - l’accademia conta più o meno 250 ragazzi e ha un costo annuale di circa un milione e mezzo di euro, il 7-8% del budget del club. La sua forza sta nell’organizzazione e nei metodi di allenamento: dall’under 12 in poi i ragazzi iniziano a lavorare anche singolarmente con diversi preparatori, che coordinano il lavoro anche in base ai dati raccolti ed elaborati dagli analisti. Dai 14 anni fino al giorno in cui entrerà in prima squadra, un ragazzo della Dinamo si allenerà per 5-6 giorni alla settimana, per circa otto ore.

Inghilterra sconfitta 2-1, Croazia in finale

Il problema, semmai, è che i giovani croati diventano così bravi e così in fretta da far gola ai club stranieri. I calciatori della nazionale che domenica scenderà in campo nella finale contro la Francia giocano in undici campionati diversi. Eppure per loro vestire la maglia della Croazia ha un valore speciale, probabilmente legato alla storia di questa giovane nazione. Sono uomini nati prima del loro stesso Stato, uomini che hanno visto la guerra combattuta dai loro padri.

Pur giocando in campionati diversi, i croati “funzionano”, insieme. E lo stesso vale per i giocatori di basket, alcuni dei quali militano in Nba.

Il metodo croato ha dato i migliori risultati nella pallanuoto: lo scorso anno la Croazia ha vinto la medaglia d’oro ai mondiali e nelle ultime sei edizioni si è sempre piazzata sul podio. Ma perché la pallanuoto è così popolare nei Balcani? Tutto nasce, secondo Ivan Djordjević, antropologo dell’Università di Belgrado intervistato dal sito Balkan Insight, dal fatto che «gli sport di squadra in Jugoslavia servivano a dimostrare che era possibile creare una società multietnica e multiculturale di successo, basata sugli ideali del socialismo e che il concetto di fratellanza e unità funzionava». Lo sport era quindi uno strumento di integrazione sociale, e i successi sul campo (o in vasca) dimostravano che il modello funzionava.

Poi è accaduto quello che accade in questi casi: un successo tira l’altro. «Una volta che la Jugoslavia ha iniziato a vincere titoli e medaglie, la gente nella regione ha voluto vincerne di più. Essere tra i migliori al mondo è utile per l’orgoglio nazionale», spiegava infatti Branko Krivokapić in un articolo pubblicato dall’Osservatorio Balcani e Caucaso.

Ecco che, quindi, le calottine dei pallanuotisti diventano delle “corone” da indossare anche allo stadio: domenica il Luzhniki Stadium di Mosca sembrerà una piscina con migliaia di calottine biancorosse.

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