«I sovranisti avevano ragione e non c’è insulto che riuscirà a fermarci, per una ragione tanto semplice quanto inaspettatata: gli elettori stanno distruggendo scheda dopo scheda quel costrutto neoglobalista e transnazionale che anni di incessante propaganda hanno tentato di trasformare in un Destino ineludibile». Così scriveva lo scorso 27 giugno sul suo blog il neopresidente della Rai Marcello Foa. Giornalista 55enne nato a Milano e cresciuto a Lugano, doppia cittadinanza italiana e svizzera, è stato assunto al Giornale di Montanelli alla redazione esteri dove ha lavorato dal 1989 al 2011, quando è diventato direttore generale del gruppo editoriale Timedia Holding SA di Melide (Svizzera) e del quotidiano Corriere del Ticino.
Chi lo conosce lo racconta come molto ambizioso, furbo, capace di fiutare in fretta dove soffia il vento. Che tirasse aria di populismo, lo ha capito molto presto. A maggio, sul blog del Giornale che ha sempre mantenuto, scriveva: «Salvini e Di Maio piacciono non perché sono due pericolosi estremisti ma perché sanno offrire una parola sconosciuta all’establishment: la speranza, la voglia di servire davvero il proprio Paese, di offrire soluzioni davvero alternative rispetto a quelle retoriche e inefficienti reiterate in questi anni». Logico che all’indomani del 4 marzo esultasse: «Una pagina politica straordinaria è stata girata ieri: l’era dei Berlusconi e dei Renzi è finita per sempre».
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Logico che prendesse nettamente posizione contro il presidente Sergio Mattarella, come nel tweet del 27 maggio scorso che sta rimbalzando sui social: «Il senso del discorso di Mattarella: io rispondo agli operatori economici e all’Unione europea, non ai cittadini. Ma nella Costituzione non c'è scritto. Disgusto».
A cementare i legami con M5S e Lega c’è anche il comune amore per la Russia, che da inviato ha raccontato sin dal 1990: il crollo dell’Unione sovietica, la crisi economica di fine decennio, l’ascesa di Putin, l’era di Medvedev, le tragedie di Beslan e del teatro Dubrovka. Dichiarata la stima per il presidente. Nel 2015 già annotava: «In 18 anni non ho mai dovuto coprire una sola crisi internazionale provocata dal Cremlino. In questi 18 anni ho assistito al progressivo, sovente passivo ridimensionamento di Mosca nello scenario geostrategico a cui è corrisposto, a partire dal Duemila, lo sviluppo di una nuova Russia che, sfruttando il boom dei prezzi petroliferi e delle materie prime, desiderava solo una cosa: continuare ad arricchirsi». Una Russia a suo avviso «mai imperiale, mai militaresca».
Non stupisce, dunque, che Foa abbia difeso gli interventi di Putin in Medioriente e raccontato in maniera controcorrente la crisi ucraina (anche dal blog di Grillo). Che sia intervenuto molto spesso, come commentatore esperto, su Russia Today, il canale satellitare russo in lingua inglese che fa parte della galassia di reti finanziate dal Cremlino. E nemmeno che rivendichi una grande esperienza nelle tecniche di manipolazione da parte dei media, che ha descritto nel libro Gli stregoni della notizia. Atto secondo. Come si fabbrica informazione al servizio dei governi (Guerini e Associati). All’ultima presentazione della seconda edizione, lo scorso 14 giugno a Milano, lo «special guest» era proprio Salvini.
Non sono mancati incidenti e ombre. Come quando ha diffuso notizie che poi si sono rivelate false (un esempio per tutti: il presunto richiamo di 150mila riservisti dell’esercito da parte di Trump, lo scorso anno, accompagnato dalla domanda se servissero «per un attacco in grande stile alla Siria»). O come quando l’Espresso ha rivelato che Foa aveva partecipato lo scorso marzo a un pranzo a Lugano tra Salvini e Steve Bannon, l’ex stratega di Donald Trump che ha appena annunciato la fondazione di un movimento di destra europeo. In quell’articolo, seguito dalla querela di Foa che lo ritiene «inqualificabile e gravemente diffamatorio», il settimanale raccontava anche che la MediaTi holding di Lugano di cui Foa è Ad, proprietaria del Corriere del Ticino, figura tra i clienti della Moving Fast Media, società creata a fine 2017 da cui dipende il sito di informazione “Silenzi e Falsità” gestito dal 28enne Marcello Dettori. Fratello di Pietro, ex dipendente della Casaleggio associati oggi tra i quattro soci dell’Associazione Rousseau e tra i collaboratori del vicepremier Luigi Di Maio a Palazzo Chigi.
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