Non era impossibile per Autostrade per l'Italia (Aspi) monitorare in tempo reale il viadotto Polcevera sulla A10 a Genova,
evitando o limitando la tragedia di martedì: la stessa società aveva adottato da poco uno Smart Monitoring, sistema di controllo
avanzato come quelli di cui si è tanto parlato in questi giorni dopo il crollo, con sensori che trasmettono dati in continuo.
Ma lo aveva fatto ben lontano da Genova: su sei cavalcavia tra Emilia, Romagna e Polesine, nel territorio della DT3 (la direzione
del terzo tronco, con sede a Bologna Casalecchio).
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Una zona di pianura, con strutture “giovani” e meno lunghe del Ponte Morandi, quindi molto più “tranquilla” rispetto alla
situazione genovese. Perché questa scelta?
Aspi, contattata dal Sole 24 Ore, ha risposto che si tratta di «sperimentazioni per la validazione di diversi sistemi di misura
Il sistema consente il controllo in continuo dei transiti sulle opere d'arte effettuando il riconoscimento del tipo di mezzo
che percorre l'opera e rilevando al contempo eventuali anomalie nel comportamento dell'opera dal punto di vista delle deformazioni».
Se ne potrebbe quindi dedurre che per le sperimentazioni si sia ragionevolmente preferita una zona “comoda”.
Ma nell'elenco dei sei cavalcavia su cui è installato lo Smart Monitoring ce ne sono due da valutare con attenzione: quello
della E45 che passa sulla A14 a Cesena Nord e quello dello svincolo di Villamarzana, sulla A13 a sud di Rovigo. Potrebbero
essere stati scelti perché in qualche modo preoccupano Aspi.
La struttura di Cesena fa parte di un'altra grande malata del sistema viario italiano, la superstrada E45 Orte-Ravenna, che
non a caso in questi mesi ha vari cantieri di lavoro aperti proprio in quel tratto. Non va dimenticato che appena nel marzo
2017 sulla stessa A14, a Camerano (Ancona), Aspi ha dovuto registrare il crollo di un altro cavalcavia durante lavori in corso,
con due morti. Possibile quindi che ci si sia voluti cautelare, tanto più che nel caso di Cesena i lavori in corso si svolgono
sotto la responsabilità non della società stessa ma dell'Anas, che gestisce la E45. A ottobre 2016, inoltre, il crollo del
cavalcavia di una provinciale sulla statale 36 ad Annone (Lecco) con un morto ha mostrato tutti i problemi che possono sorgere
quando si “incrociano” strade gestite da soggetti diversi.
Quanto a Villamarzana, si tratta di un cavalcavia della generazione di una decina di anni fa, “firmata” da un'entità aziendale
di Castellamare di Stabia (Napoli) i cui componenti sono stati coinvolti in varie inchieste su camorra e appalti. Nelle dichiarazioni
che un testimone di giustizia, Gennaro Ciliberto, ha reso a varie Procure, si parla anche dei loro rapporti con alti dirigenti
di Aspi, che avrebbero consentito loro di aggiudicarsi questi appalti. Con risultati poco rassicuranti: alcuni crolli di pensiline
ai caselli e portali segnaletici e sequestro di altre opere a rischio (il cavalcavia di Ferentino sulla A1 nel 2014 fu chiuso
su ordine della Procura di Roma per mesi, fino all'effettuazione di lavori correttivi).
Dunque, la scelta dei luoghi dove sperimentare potrebbe essere stata dettata almeno in parte da preoccupazioni per le strutture.
Ciò potrebbe attirare l'attenzione degli inquirenti genovesi, che per il crollo del viadotto Polcevera stanno seguendo la
pista della sottovalutazione dei rischi da parte di Aspi. In Procura, come riferito oggi da Raffaella Calandra su Radio24,
non si aspettavano che il Ponte Morandi fosse privo di qualsiasi telecamera che inquadrasse i piloni. Essendo un'opera con
criticità strutturali note e situata su un torrente che non di rado esonda, sarebbe parso normale avere un sistema di videosorveglianza
dedicato. E invece le uniche telecamere esistenti sul Polcevera erano quelle “di traffico”, cioè che inquadravano le carreggiate
affinché la centrale operativa potesse vedere se c'erano code o altre turbative alla circolazione sul delicato snodo A10-A7.
I controlli di Aspi sul viadotto erano quelli periodici, eseguiti da tecnici specializzati con attrezzature mobili. I sistemi di monitoraggio con sensori fissi, invece, sono progettati per “sentire” in ogni momento tutti i movimenti della struttura e inviarne traccia a una centrale che analizza il segnale scremando i “falsi allarmi” (dovuti a passaggio di mezzi pesanti, vento eccetera) e trasmettendo quelli “reali” al gestore della strada. Sistemi del genere sono utili anche in caso di terremoto, per capirne immediatamente gli effetti, e in ogni caso per dare allarmi con qualche prezioso secondo di anticipo che teoricamente consenta di attivare in automatico la segnaletica a messaggio variabile per fermare i veicoli che sopraggiungono.
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