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Salvini indagato, atti al Tribunale dei ministri: i tempi e i precedenti

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Scheda

Salvini indagato, atti al Tribunale dei ministri: i tempi e i precedenti

Il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini risulta da ieri sera indagato (assieme al suo capo di gabinetto) dalla procura di Agrigento per la vicenda della nave Diciotti: dovrà rispondere dei reati sequestro di persona, arresto illegale e abuso d’ufficio. Gli atti saranno trasmessi al Tribunale dei ministri che è l’organo di garanzia chiamato a giudicare la condotta della carica istituzionale. La procedura per arrivare al giudizio è laboriosa e prevede anche un voto parlamentare.

Sezione specializzata
Il tribunale dei ministri è una sezione specializzata del tribunale ordinario competente per i reati commessi dal presidente del Consiglio e dai ministri nell’esercizio delle loro funzioni. L’articolo 96 della Costituzione stabilisce infatti che «il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale». Secondo le due leggi che disciplinano la materia, quindi, un’eventuale indagine sull’operato del ministro dell’Interno diventa subito di competenza del “Tribunale dei ministri”.

Le indagini e la decisione entro 90 giorni
I rapporti, i referti e le denunzie per i reati ministeriali sono trasmessi al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto di corte d’appello competente per territorio (in questo caso la Procura di Palermo), il quale - senza compiere nessun tipo di indagine - deve trasmettere gli atti al tribunale dei ministri entro quindici giorni e darne immediata comunicazione ai soggetti interessati, affinché possano presentare memorie o chiedere di essere ascoltati. Ricevuti gli atti, il tribunale dei ministri entro novanta giorni, compiute indagini preliminari e sentito il pubblico ministero, può decidere l’archiviazione - nel qual caso il decreto non è impugnabile - oppure la trasmissione degli atti con una relazione motivata al procuratore della Repubblica, affinché chieda l’autorizzazione a procedere.

Il voto del Parlamento
L’autorizzazione è chiesta alla Camera di appartenenza degli inquisiti, anche se alcuni di loro non sono membri del parlamento. La Camera competente (nel caso di Salvini, senatore, sarà Palazzo Madama) - sulla base dell’istruttoria condotta dall’apposita giunta - può negare, a maggioranza assoluta, l’autorizzazione ove reputi, con valutazione insindacabile, che l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico. Una volta ottenuta l’autorizzazione a procedere, il giudizio di primo grado spetta al tribunale ordinario del capoluogo del distretto di corte d’appello competente per territorio. Non, però, al tribunale dei ministri; anzi, i componenti di quest'ultimo, al momento in cui ha svolto le indagini, non possono partecipare alle ulteriori fasi del procedimento. Per le impugnazioni e gli ulteriori gradi di giudizio si applicano le norme del codice di procedura penale.

Il precedente di Alfano
Uno degli ultimi casi afffrontati dal Tribunale dei ministri ha riguardato il titolare degli Esteri del precedente governo, Angelino Alfano. A maggio del 2017 il Tribunale aveva accolto la richiesta di archiviazione che la Procura di Roma aveva formulato per i fatti denunciati da tre deputati del Movimento Cinque Stelle (Michele Dell'Orco, Carlo Sibilia e Niccolò Paolo Romano) ai danni di Alfano, a proposito dell'uso dei voli di Stato. Nella motivazione di accoglimento della richiesta di archiviazione da parte del pubblico ministero si leggeva che il ministro Alfano «è autorizzato a usufruire, per motivi di sicurezza, dei voli di Stato per gli spostamenti sul territorio nazionale e all’estero».

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