Dieci giorni fa il premier Giuseppe Conte mostrava in piazza alcuni fogli. Era una bozza del decreto legge per Genova, esibita per dimostrare che nella seduta del Consiglio dei ministri del giorno prima si era deciso qualcosa di concreto per ricostruire il Ponte Morandi e aiutare la città a risollevarsi dopo il suo crollo. Ma finora, a 40 giorni dalla tragedia, il provvedimento non è ancora stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Perché?
I problemi sono fondamentalmente in due scelte da fare: quella su chi deve ricostruire il ponte e quella del commissario delegato alla ricostruzione e dei poteri da conferirgli.
1. La guerra delle qualifiche
Su chi debba ricostruire il braccio di ferro è in corso già da quando c’erano ancora vittime da recuperare sotto le macerie.
Tanto che già il 18 agosto, nella conferenza stampa che seguì di poche ore i funerali di Stato, l’amministratore delegato
di Autostrade per l’Italia (Aspi) sparò molto alto: non solo disse di aver già contattato le migliori imprese italiane che avevano già quasi pronto un progetto, ma aggiunse che l’appalto si sarebbe potuto fare anche senza gara, sfruttando il meccanismo dei lavori in house, per il
quale il settore autostradale gode di una deroga rispetto alle regole del Codice degli appalti: affidamento diretto a un’azienda
dello stesso gruppo di Aspi (la Pavimental), che avrebbe subappaltato alle altre imprese.
Castellucci, a precisa domanda degli increduli giornalisti che conoscono la Pavimental come un’azienda che in proprio esegue solo asfaltature, rispose che aveva la qualifica anche per costruire ponti e, in generale, intere strade. Consegnandole “chiavi in mano” al committente. Era tutto vero, anche se a memoria degli addetti ai lavori non era mai successo che Pavimental si avvalesse di questa sua qualifica.
GUARDA IL VIDEO / Ecco nodi e contenuti del decreto Genova
In ogni caso, la qualifica è proprio quello che manca a Fincantieri, come ha scoperto l’altro giorno Edilizia e Territorio del Sole 24 Ore. Fincantieri è la società pubblica che da quegli stessi giorni è stata lanciata dal Governo (e in particolare dal ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio) per ricostruire il ponte tenendo fuori Autostrade per l’Italia, per la quale il ministero delle Infrastrutture ha avviato la procedura di caducazione della concessione.
Siamo quindi nella strana situazione Aspi ha l’obbligo di ricostruire perché formalmente è ancora concessionaria, ma potrebbe non esserlo più in futuro e il Governo comunque non accetta la sua prestazione, ma solo i suoi soldi: i lavori dovrebbero essere fatti a spese di Aspi ma solo da imprese di fiducia dello Stato.
2. La deroga per saltare la gara
Questo non è l’unico problema che si sta incontrando nel conciliare le ragioni della politica con quelle del Codice degli
appalti. Occorre anche trovare un modo legittimo per non svolgere una procedura di gara, che renderebbe arduo terminare i lavori nei 12-15 mesi attualmente indicati come necessari.
Sulla questione non c’è chiarezza nemmeno tra gli esperti. Così un ruolo determinante lo avrà la Ue, con la quale il Governo sta parlando per capire a quali condizioni è possibile derogare all’obbligo di gara per motivi di necessità com’è nel caso di Genova (che ha bisogno di un nuovo ponte al più presto possibile, per non soffocare nel traffico). Non si è mai saputo nulla di preciso su come stiano andando i colloqui Ue-Governo.
3. Commissario tecnico o politico?
Dopo i primi giorni in cui si dava per scontato che il commissario alla ricostruzione dovesse essere Giovanni Toti (governatore
della Liguria, già nominato commissario per l’emergenza subito dopo il crollo), ci sono stati scontri politici, facilitati
da certe prese di posizione di Toti di fatto favorevoli ad Aspi.
A quel punto, è stato rimesso in discussione anche il fatto che il commissario potesse essere un politico: i 5stelle sembrano propendere per un tecnico di alto profilo. In ogni caso, la scelta non sarà facile, come dimostrano le nomine che nell’ultimo mese il ministro delle Infrastrutture (il grillino Danilo Toninelli) si è dovuto rimangiare perché i designati avevano problemi giudiziari o comunque di incompatibilità.
Le misure per popolazione e imprese
Ci sono molti meno problemi per la parte del decreto che riguarda aiuti e risarcimenti per residenti e imprese. Ma in realtà
l’elenco dei danneggiati può rivelarsi pressoché infinito: c’è chi ha riportato un danno diretto (sotto varie forme, peraltro) e chi solo indiretto.
Un esempio estremo di danno indiretto è quello patito dalle aziende di autostrasprto che non c’entrano nulla con Genova, ma utilizzano l’interporto di Rivalta Scrivia, vicino a Tortona (Alessandria). Qui si sono riversati camion che, dopo il crollo del Ponte Morandi, devono comunque deviare per l’entroterra per raggiungere la Francia. Quindi i tempi di sosta per espletare le operazioni si sono allungati per tutti.
© Riproduzione riservata