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Autostrade, indagine sui guard-rail di tutta la rete

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dopo la strage del bus nel 2013

Autostrade, indagine sui guard-rail di tutta la rete

Si potrebbe aprire un nuovo fronte critico che coinvolge Autostrade per l’Italia (Aspi): la Procura di Avellino starebbe per aprire un’inchiesta nazionale sulla reale sicurezza dei guard-rail di tutta la sua rete. Tutto nasce dalla strage del 28 luglio 2013, quando un bus precipitò dal viadotto Acqualonga della A16, a Monteforte Irpino, facendo 40 morti (l’incidente stradale più grave in Italia, assieme al rogo nel tunnel del Monte Bianco nel 1999) . Il processo di primo grado è vicino alla sentenza: ieri i pm hanno chiesto le prime, severe condanne.

Per ora, non riguardano gli imputati di Aspi, tra cui l’amministratore delegato Giovanni Castellucci, che oggi è anche indagato per il crollo del Ponte Morandi sulla A10 a Genova il 14 agosto scorso (43 morti): la parte di requisitoria che riguarda loro è prevista per le prossime udienze, il 10 e 19 ottobre e il 2 novembre. È previsto che la tenga direttamente il procuratore capo, Rosario Cantelmo.

Le prime richieste di condanna
Nell'udienza di oggi, presieduta dal giudice monocratico del Tribunale di Avellino, Luigi Buono, il pm Cecilia Annecchini ha chiesto 12 anni di
reclusione
per Gennaro Lametta, titolare della Mondo Travel e proprietario del bus, che nell'incidente ha perso il fratello Ciro che era alla guida del mezzo; 9 anni per Antonietta Ceriola, dipendente della Motorizzazione di Napoli e 6
anni per Vittorio Saulino, anch'egli dipendente della Motorizzazione.

Uno degli ancoraggi corrosi della barriera del viadotto Acqualonga

Le accuse contro Aspi
Prima i tre periti dei pm e poche settimane fa quello del giudice hanno scritto che il guardrail avrebbe dovuto reggere all’urto. Ma cedette, perché i suoi ancoraggi erano corrosi.

Da notare che quel tratto di strada risultava appena “riqualificato”, nell’ambito degli impegni che avevano consentito ad Autostrade di ottenere la proroga al 2038 della sua concessione. Era infatti prevista la riqualifica delle barriere su tutta la rete e i lavori per il lotto che comprendeva il viadotto Acqualonga erano stati appena effettuati, senza che proprio quel viadotto venisse coinvolto.

Eppure, nelle statistiche sugli incidenti in A16 (la Napoli-Canosa di Puglia), Acqualonga era uno dei punti col maggior numero di sinistri su tutto il tratto campano. Non è stato accertato un nesso specifico tra le due cose, ma va rilevato che cambiare le barriere su un viadotto può costare circa cinque volte in più che in pianura.

L’indagine nazionale
Ora la Procura, secondo indiscrezioni raccolte dall’Ansa in ambienti giudiziari, pare volerci vedere chiaro su tutta la rete. Come fece la stessa Aspi poco dopo la strage, con una campagna di controlli straordinari su tutta la propria rete, di cui non si sono mai conosciuti gli esiti.

All’epoca, già era evidente che altre barriere erano in cattive condizioni, anche sulla stessa A16. La Procura di Avellino spedì una segnalazione a Firenze, per il tratto appenninico dell’Autosole, dove nel 2014 furono sequestrati alcuni viadotti. Però i successivi lavori di ampliamento hanno eliminato i problemi e quindi il troncone fiorentino dell’inchiesta non è mai andato avanti.

Adesso i pm di Avellino pare vogliano riaprire il dossier, non è chiaro se per una precisa scelta strategica o sull’onda del clamore ora suscitato dal crollo del Ponte Morandi. Verosimilmente lo faranno dopo la sentenza sulla strage di Acqualonga, prevista per dicembre.

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