Il conto alla rovescia per la Conferenza sulla Libia di Palermo è iniziato. Il premier Conte, intervenuto alla Camera in occasione del question time, si è detto soddisfatto «per l’elevato numero di conferme e l’alto profilo politico dei partecipanti alla Conferenza sulla Libia, prevista a Palermo il 12 e 13 novembre».
Al di là dell’assenza delle prime linee dei pesi massimi geopolitici che giocano un ruolo nella stabilizzazione del paese - ultima quella della cancelliera tedesca Angela Markel, che si somma a quella di Putin, Trump, e a quella probabile di Macron - la due giorni siciliana potrebbe vedere seduti allo stesso tavolo i due principali protagonisti della partita libica. Uno è Fayez al-Serraj, a capo dell’esecutivo di Tripoli riconosciuto dalle Nazioni Unite. Il ministro degli Affari esteri Moavero Milanesi ha confermato la presenza in Sicilia del generale Khalifa Haftar, anche se, stando ad alcune fonti, non è ancora detto che l’uomo forte della Cirenaica ci sarà. Al tavolo siederà anche un terzo elemento, un “convitato di pietra”: l’Isis.
L’allarme del sito che monitora il radicalismo islamico sul web
Nell’ultimo periodo infatti la polveriera libica è tornata attraente per questi terroristi e le fazioni combattenti africane
legate ad al Qaida. Secondo Rita Katz, direttrice di Site, il sito Usa che monitora il radicalismo islamico sul web, la Libia
è «senza dubbio il nuovo pericolo per l’Europa. L’anno scorso - ha sottolineato - l’Isis non esisteva più in Libia, aveva
zero operazioni suicide. Quest’anno ce ne sono già state una dozzina un po’ ovunque e questo significa che probabilmente alcuni
dei combattenti sono stati in grado di tornare da Iraq e Siria». Anche la Cia ha condotto missioni segrete in Africa contro
i militanti dell’Isis, attraverso l’uso di droni che prima manteneva in Niger. Le operazioni partono anche dalla base di Sigonella.
L’attacco al commissariato di polizia nel distretto di al-Jufra
Nell’ultimo periodo le milizie dello Stato islamico si sono fatte sentire. Il 29 ottobre, tanto per ricordare gli episodi
più recenti, hanno colpito un commissariato di polizia a Fugaha, nel distretto di al-Jufra, nella parte centrale della Libia,
380 chilometri a sud di Sirte. La città libica sull’omonimo golfo, luogo natale di Mummar Gheddafi, dal giugno del 2015 al
dicembre del 2016 è stata una roccaforte del Califfato libico, per poi essere liberata dopo otto mesi di combattimenti dall’Esercito
nazionale libico (Lna), le truppe comandate da Haftar. L’attacco, in occasione del quale quattro persone hanno perso la vita
e dieci sono state prese in ostaggio, ha messo in evidenza che la presenza di gruppi di terroristi, per quanto inferiore rispetto
a prima, ancora c’è. Lo dimostra il fatto che il generale Thomas D. Waldhauser, capo di “Africom”, il Comando responsabile
delle operazioni militari statunitensi in quasi tutto il continente africano, ha tenuto proprio a Sirte una riunione con i
responsabili militari e civili della città libica. A seguito della stretta su Sirte, lo Stato islamico si è riorganizzato
nel deserto e nelle città settentrionali.
Sacche di resistenza a Derna
Un’altra città dove i jihadisti sono ancora attivi è Derna: a fine giugno Haftar aveva dichiarato la “liberazione” di quest’«ultimo
bastione dei terroristi nell’est della Libia». Di recente, tuttavia, un leader della resistenza all’Esercito nazionale libico,
Mohamed El Diska, ha detto che nelle periferie ci sarebbero ancora sacche di resistenza.
Nel mirino la Compagnia petrolifera nazionale libica
A settembre, gli attacchi si erano concentrati sulla sede di Tripoli della National Oil Corporation, la Compagnia petrolifera nazionale libica. Un commando di terroristi ha fatto irruzione armi in pugno, innescando esplosioni
e prendendo in ostaggio diversi dipendenti. L’operazione è stata pianificata dalla branca libica dello Stato islamico. Il
bilancio ufficiale dell’attacco è stato di due funzionari della Compagnia e due terroristi uccisi, oltre che di dieci feriti.
L’operazione contro la sede della Commissione elettorale a Tripoli
Ancora prima, l’Isis ha compiuto e rivendicato l’attacco del 2 maggio alla sede della Commissione elettorale a Tripoli (almeno
13 i morti) e quello in cui, a fine agosto, aveva aveva ucciso sei miliziani del governo di accordo nazionale alle porte di
Zliten, nell’ovest della Libia.
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