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Sentenza Raggi, M5S scommette su assoluzione ma si prepara al peggio.…

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Servizio |sabato il verdetto

Sentenza Raggi, M5S scommette su assoluzione ma si prepara al peggio. Ecco gli scenari

Negli ultimi giorni nel M5S è cresciuta la fiducia nell’assoluzione di Virginia Raggi dall’accusa di falso su cui sabato 1o novembre il giudice del tribunale di Roma Roberto Ranazzi si pronuncerà. Venerdì 9 novembre il capo politico del Movimento, Luigi Di Maio, ha ribadito: «Il nostro codice di comportamento parla chiaro e lo conoscete».

A una prima lettura significa che se sabato dovesse arrivare una condanna la sindaca della Capitale, che finora non ha regalato al M5S il lustro sperato, anzi, dovrebbe dimettersi. Ma in realtà i codici che si sono succeduti negli ultimi due anni sono tre, e l’ultimo prefigura passaggi non così scontati.

È utile ricapitolare le regole del M5S. C’è il codice fatto firmare a Raggi, ai suoi consiglieri e a tutti i candidati nel 2016 prima di essere eletti che, all’articolo 9, lettera a), prevedeva espressamente: «Il sindaco, ciascun assessore e ciascun consigliere assume l’impegno etico di dimettersi se, durante il mandato, sarà condannato in sede penale, anche solo in primo grado». L’articolo 10 chiarisce in cosa incappa chi non si adegua alle prescrizioni e vìola i principi «inderogabili» contenuti nel codice, insieme alla famosa multa da 150mila euro per danno all’immagine del Movimento che tanto fece discutere: «La violazione di detti principi comporta l’impegno etico alle dimissioni dell’eletto dalla carica ricoperta e/o il ritiro dell’uso del simbolo e l’espulsione dal M5S». Un obbligo rafforzato dal Codice di comportamento del M5S in caso di coinvolgimento in vicende giudiziarie, approvato a gennaio 2017.

Ma nell’ultimo Codice etico, approvato con il nuovo statuto a gennaio 2018, è spuntata una novità. All’articolo 6 il dovere di dimissioni è preceduto da un’aggiunta: «Impregiudicata la facoltà di giudizio degli organi associativi a ciò deputati, costituisce condotta grave e incompatibile con la candidatura ed il mantenimento di una carica elettiva quale portavoce del MoVimento 5 Stelle la condanna, anche solo in primo grado, per qualsiasi reato commesso con dolo
fatto salvo quanto previsto all’ultimo comma del presente articolo». Quali sono gli organi associativi deputati? A leggere lo statuto, sembrerebbe trattarsi del garante Beppe Grillo e del Comitato di garanzia, organo di appello per i procedimenti disciplinari, ma chiamato a decidere in primo grado «in ordine alla sussistenza o perdita dei requisiti per l’iscrizione al MoVimento 5 Stelle». Ma, come si addice a un movimento per la democrazia diretta, il M5S potrebbe anche dare la parola agli iscritti: mettere al voto su Rousseau il destino della sindaca.

In prima istanza, dunque, sarà Raggi se condannata a dover scegliere cosa fare. Potrebbe dimettersi e basta. In quel caso scatterebbero le procedure ex Tuel (Testo unico degli enti locali), secondo cui le dimissioni sono presentate al Consiglio comunale e diventano ufficiali entro i successivi 20 giorni, periodo durante il quale possono essere ritirate. Quando diventano ufficiali, l’assemblea si scioglie e il Comune viene commissariato. Sarebbe la certificazione del fallimento del M5S, che aveva pensato a Roma come il palcoscenico da cui spiccare il volo per la conquista di Palazzo Chigi. Non solo: porterebbe a nuove elezioni la città, già entrata nelle mire della Lega di Matteo Salvini.

La seconda possibilità è quella di approfittare degli spiragli lasciati aperti dal Codice del 2018: il ricorso agli organi associativi o direttamente alla rete, sulla piattaforma Rousseau. Se fosse la base a decidere di lasciare la sindaca al suo posto, la responsabilità sarebbe condivisa senza dover intervenire con salvataggi diretti. In nome della sovranità del popolo M5S. Se la sindaca si autosospendesse, invece, garante, probiviri e comitato di garanzia entrerebbero in gioco per valutare il da farsi.

La terza e ultima possibilità è quella del ritiro dell’uso del simbolo, che consentirebbe a Raggi di andare avanti sul modello Pizzarotti, a patto che trovi una maggioranza. Ma il M5S perderebbe Roma, insieme ai consiglieri che decidessero di seguire la sindaca. Un prezzo alto, per una forza di governo. Per questo, alla vigilia, tutti confidano nell’assoluzione. Chiuderebbe almeno la pagina giudiziaria, mentre resta aperta quella amministratriva di due anni e mezzo di difficoltà ed emergenze, dai trasporti ai rifiuti.

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