Ministero delle Infrastrutture e Autostrade per l’Italia erano nelle condizioni di conoscere lo stato in cui si trovava il ponte Morandi, il viadotto di Genova il cui crollo del 14 agosto ha provocato la morte di 43 persone. A tre mesi dal crollo, l’indagine giudiziaria - coordinata dal procuratore capo Francesco Cozzi - poggia su solidi accertamenti della Guardia di finanza, che ha ricostruito quella che sarebbe la catena di responsabilità, fino al presunto ruolo di Giovanni Castellucci, amministratore delegato di Autostrade che sarà ascoltato dai pm il 23 novembre.
Autostrade aveva classificato una «priorità» il restauro
Autostrade spa aveva classificato una «priorità» il restauro dei piloni 9 e 10 del viadotto Polcevera di Genova. Il tema «sicurezza»
aveva assunto rilevanza nelle riunioni del consiglio di amministrazione di Aspi, dopo che Spea engineering, società di consulenza,
aveva posto l’accento sulle gravi lesioni registrate sui due piloni del ponte Morandi. Un evento prevedibile? I magistrati
della Procura della Repubblica di Genova stanno cercando di dare una risposta al quesito, con l’interrogatorio di Castellucci,
anche lui tra i 20 iscritti nel registro degli indagati. Allo stato gli inquisiti (tra i quali risultano i direttori Operations
di Aspi, Paolo Berti, e Manutenzione, Michele Donferri Mitelli, assieme al suo predecessore Paolo Bergamo, il responsabile
del procedimento retrofitting, Paolo Strazzullo, e il direttore del tronco di Genova, Stefano Marigliani. Con loro anche il
direttore generale della vigilanza autostradale del ministero, Vincenzo Cinelli, e il suo predecessore Mauro Coletta, i dirigenti
ministeriali Bruno Santoro e Giovanni Proietti e, al provveditorato Opere pubbliche della Liguria, Roberto Ferrazza e Salvatore
Bonaccorso) rispondono dei reati di disastro colposo, omicidio stradale plurimo colposo e omicidio stradale aggravato dalla
violazione della normativa antinfortunistica.
Il verbale di Castellucci
Salvo cambi di programma, l’interrogatorio di Castellucci è previsto per il 23 novembre. Il verbale del top manager potrebbe
rappresentare un nodo essenziale per gli investigatori, alle prese con una matassa di responsabilità difficile da sbrogliare.
Perché di fatto nelle mani dei magistrati ci sono documenti - acquisiti in queste settimane dal primo gruppo della Guardia
di finanza di Genova, al comando del colonnello Ivan Bixio - che rappresentano una serie di aspetti legati al ponte che dovranno
essere attentamente valutati. A partire dal verbale del cda in cui Aspi ha licenziato il progetto di “retrofitting” (restauro
di una struttura vecchia con tecnologie moderne) dei piloni 9 e 10. Un intervento, valutato per 26 milioni di euro, che era
stato sollecitato dopo che la Spea engineering aveva inviato il proprio studio sul ponte. Un elaborato tecnico che ha portato,
prepotentemente, il tema «sicurezza» nel dibattito interno ad Aspi. In più passaggi, infatti, si fa riferimento a «lesioni
ramificate capillari con risonanze e fuoriuscita di umidità, sulla malta di ripristino, lesioni larghe verticali con estese
risonanze, sugli spigoli nella parte alta di quasi tutte le pile». Mentre per quanto riguarda gli stralli si parla di «malta
di ripristino risonante, interessata da lesioni ramificate capillari con fuoriuscita di umidità con distacchi; placche risonanti
evidenziate da lesioni». A questo si aggiunga un altro particolare: prima dell'approvazione dello stesso progetto di “retrofitting”,
GUARDA IL VIDEO: Crollo Genova, 20 persone iscritte nel registro degli indagati
Michele Donferri, capo della Manutenzione di Autostrade, aveva informato il ministero delle Infrastrutture della necessità di accelerare l’affidamento dell'appalto. Con una missiva inviata alla Direzione vigilanza del Mit aveva detto che si sarebbe proceduto all'avvio del procedimento di gara pur senza l’ok ministeriale. Il nodo da sciogliere, dunque, rappresenta la presunta «prevedibilità» dell’evento crollo. Quanto, in sostanza, Autostrade fosse nelle condizioni di prevedere il crollo avvenuto il 14 agosto scorso. Un dato che potrebbe emergere anche dall'udienza di incidente probatorio chiesta dalla Procura. Risposte, infine, potrebbero giungere dal nuovo video sul cedimento del viadotto, che gli inquirenti hanno acquisito nelle ultime ore.
La relazione ministeriale
Procedure di controllo strutturale inadeguate, documenti sulla valutazioni della sicurezza di cui non ci sarebbe traccia,
investimenti per lavori ridotti all’osso e verifiche sul progetto di restauro affidate a una società priva dei requisiti previsti
dalla legge. La relazione della Commissione ispettiva ministeriale sul crollo del viadotto Polcevera di Genova è l’atto d’accusa
del ministero delle Infrastrutture contro Autostrade per l’Italia spa. In 225 pagine sono elencate quelle che - secondo la
commissione - sono le gravi lacune nella gestione della rete autostradale. Il documento, voluto dal ministro delle Infrastrutture
Danilo Toninelli, è stato acquisito dalla Procura della Repubblica di Genova, che intende chiarire le responsabilità del disastro.
Si è trattato di un «evento prevedibile»? Un quesito al quale gli inquirenti intendono dare risposta anche attraverso l'incidente
probatorio. Un aspetto di non poco conto riguarda gli investimenti. Stando ai dati, risulta che dal 1982 a oggi l’importo
per lavori strutturali del ponte sono stati pari a 24 milioni 610mila 500 euro. Colpisce che il 98% di questa somma è stata
spesa prima del 1999 (anno della privatizzazione della rete autostradale). Da quell’anno in poi Aspi ha investito sul ponte
Morandi il 2% delle somme complessive. Nel dettaglio, in 19 anni - dal 1999 ad agosto 2018 (periodo del crollo del viadotto)
- sono stati spesi 23mila euro annui, per un totale di 470mila euro.
La smentita di Aspi
Aspi ha replicato, evidenziando che «la relazione non tiene in alcun conto gli elementi di chiarimento forniti dai tecnici
della concessionaria (Aspi, ndr)». Aggiunge che «le responsabilità ipotizzate dalla commissione non possono che ritenersi
delle mere ipotesi ancora integralmente da verificare e da dimostrare». Qualcosa ce l’hanno da dire anche sul fronte degli
investimenti: spiegano di aver «speso circa 9 milioni di euro negli ultimi tre anni e mezzo per aumentare la sicurezza del
ponte e che nel periodo 2015-2018 sono stati realizzati sul ponte ben 926 giorni-cantiere, pari ad una media settimanale di
cinque giorni-cantiere su sette».
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