«L'emozione c'è, ed è forte. Come sapete fin dal mio discorso di insediamento, ho fatto della maglia azzurra il simbolo di un calcio italiano che deve ripartire, con orgoglio e a testa alta, ma anche con la voglia di lavorare duro per migliorarsi». Dalle elezioni (pressoché plebiscitarie, visto il 97% dei consensi ottenuti) dello scorso 22 ottobre sono passate poche settimane, e per Gabriele Gravina l’esordio ufficiale come presidente della Federcalcio, a fianco della Nazionale, è ormai dietro l’angolo: sabato sera, contro il Portogallo privo di Cristiano Ronaldo, a Milano, proprio in quel San Siro che giusto un anno fa era stato il teatro dell’infausta Italia-Svezia che a catena avrebbe provocato l’eliminazione degli azzurri dalla corsa a Russia 2018, la caduta del ct Ventura e le dimissioni del presidente federale Tavecchio, sostituito dal commissario straordinario Fabbricini.
Arbitri - A Milano tornano quindi gli Azzurri, alla ricerca di una nuova via tracciata dal ct Mancini ma anche rinvigoriti dal successo in Polonia a ottobre (proprio alla vigilia delle elezioni federali); e a Milano sbarca il neo-presidente, che ha aperto i lavori del 3° Forum Sport&Business, organizzato da 24OreEventi e da IlSole24Ore: una giornata di studi, dibattiti e tavole rotonde sul mondo dello sport a 360 gradi, dall’impiantistica, alle normative, agli sviluppi social fino alla nuova frontiera degli E-Sports. Ma intanto le preoccupazioni del presidente vanno a scenari quanto mai concreti, a partire dalla recente ennesima aggressione subìta da un giovane arbitro su un campo delle categorie inferiori (domenica scorsa, nella borgata romana di San Basilio), con conseguente sciopero dei fischietti nelle categorie dilettantistiche del Lazio per questa settimana, e vertice sulla sicurezza al Viminale, appena ieri. «L'obiettivo è già sul tavolo dell'imminente consiglio federale – chiarisce Gravina - : sanzioni più dure e un'azione preventiva su tutti i tesserati Figc, e ben venga l’arresto per i responsabili, come ipotizzato dal ministro Salvini. E dobbiamo fare di più e meglio per formare tutti a una cultura del rispetto».
Impianti - Dalla cronaca (quasi nera…) a quanto accade intorno al campo di gioco, il passo è logico consequenziale. «Da dove si riparte? Non dall'anno zero, ma certo servono riforme profonde, forti, condivise», spiega l’ex numero uno della LegaPro, classe 1953, pugliese trasferitosi da tempo in Abruzzo. Infrastrutture, settori giovanili, sostenibilità economica-gestionale sono le parole d'ordine che ripete dal palco del Forum, durante l'intervista con Giovanni Capuano. «Ho avviato diversi tavoli di lavoro tematici su questi punti – evidenzia il presidente -: per quanto riguarda gli stadi, la federazione può avere un ruolo-guida sotto il profilo progettuale, propositivo, ma anche affiancare le società in un percorso di fund-raising, favorendo così una crescita non occasionale o sporadica, ma di sistema».
Iscrizioni – A far tremare i polsi anche le fragilità di un sistema che ha visto, questa estate, precipitare serie B e C nel caos, dopo la sequela di fallimenti, esclusioni e ricorsi che ha già minato se non la regolarità, di certo la credibilità dei campionati. «Entro il 31 dicembre la Federcalcio pubblicherà il comunicato sulle licenze nazionali», annuncia Gravina, spiegando che questa riforma e la prima bozza sul codice dei controlli «saranno i primi due atti presentati in Consiglio Figc», anche per «escludere dal nostro mondo i soliti spacciatori di interessi che conosciamo bene». «Per adeguarsi, i club avranno sei mesi, in cui accompagneremo società con una task force, così che possano iscriversi al campionato senza alibi. Saranno regole certe, perché col vecchio sistema si presentava la domanda entro il 30 giugno con la possibilità di integrarla in 15 giorni, mentre il termine verrà anticipato al 20-24 giugno senza deroghe, in quattro giorni i documenti verranno analizzati e poi ci saranno eventuali appelli». Nei piani di Gravina, «il calcio deve diventare credibile anche attraverso i suoi uomini», quindi per i controlli sulle proprietà verrà richiesta «una lettera di padronage dal sistema bancario che dia garanzia sotto il profilo economico» e verrà creato «un casellario di onorabilità, per escludere la rappresentanza legale o la partecipazione di soggetti con condanne per certe reati o squalifiche particolari, o fallimenti nel nostro mondo». Altro strumento da affinare, il rating per ogni club, cioè un indicatore che incrocerà dati sportivi, economici e strutturali per definire la solidità di ogni società, e individuarne anche potenzialità e limiti di sviluppo sul medio termine.
Semiprofessionismo – Medicine miracolose non ce ne sono, ovvio. Ma strumenti più adeguati sì, diversi, e adottabili in tempi accettabili. Gravina chiude quindi rilanciando un suo cavallo di battaglia: il semiprofessionismo per la Serie C. «Non c'è ostinazione nel difendere la Serie C a 60 squadre: è il format stabilito dalle norme federali, dalla Lega Pro c'è sempre stata la disponibilità di rivederlo. Bisogna però vedere se la riduzione delle squadre nel professionismo è la riduzione di ogni male. La Lega Pro ha ridotto da 120 a 60, e non mi sembra che abbia portato a vantaggi. Io rilancio un progetto diverso: il semiprofessionismo. Non è possibile che la LegaPro sia soggetta a certe leggi che in Serie C non hanno ragion d’essere. Società molto piccole, ancora oggi, tecnicamente potrebbero essere quotate in Borsa. Col semiprofessionismo ci sono dei vantaggi di natura fiscale importanti. Si tratta di un piccolo provvedimento legislativo. Per scendere in C da 60 a 36 ci vorrebbero cinque anni. Il semiprofessionismo farebbe bene al calcio e non solo, anche al volley o al tennis». Senza dimenticare che col semiprofessionismo ad esempio il credito di imposta che ne deriva andrebbe investito nel 50% nelle strutture e nel 50% nei vivai. Attualmente invece non si lavora sui giovani, sui tesserati che possono essere il futuro. E questo non aiuta a mio avviso né la filiera né le Nazionali».
Fiducia – A termine, quella incassata pur in modo plebiscitario da Gravina, a Fiumicino il 22 ottobre scorso. Due anni di mandato, poi si tornerà al voto. Il presidente ne è consapevole, ma proprio sull’esito dell’urna fa leva per rendere più forte il proprio progetto. «La mia squadra e io abbiamo incassato un consenso ampio, solido, diffuso tra tutte le componenti del nostro mondo. Vuol dire che il mondo del calcio italiano ha sposato l’idea di riformarsi, per riprendere a crescere, in campo e fuori. Io ci credo, e ci metto la faccia». Adesso la parola passa alle scrivanie, ai tavoli di lavoro e al campo, coi 60mila di San Siro vogliosi di regalare applausi e tifo ai ragazzi del ct Mancini, sabato sera a San Siro. Il modo migliore per dimenticare quel fantasma gialloblù materializzatosi sul quel prato appena un anno fa.
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