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Mazzanti e l’Italvolley, dall’argento mondiale al sogno di…

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il ct della nazionale femminile al sole 24 ore

Mazzanti e l’Italvolley, dall’argento mondiale al sogno di Tokyo 2020

«Non sono abituato a vedere il bicchiere mezzo pieno. Sono animato da un continuo senso di sfida, dalla voglia di andare avanti, sempre. Per questo mi godo quello che abbiamo fatto insieme alle ragazze, ma intanto guardo avanti, e avviso tutti: andare ai Giochi di Tokyo 2020 sarà tosta». Davide Mazzanti non lo dice apertamente, ma in quel Giappone che poche settimane fa gli ha regalato l’argento mondiale alla guida delle azzurre della pallavolo, vuole tornarci davvero, fra due anni, e salire quell’unico gradino del podio che ancora gli manca. Marchigiano di Fano, classe 1976, tre scudetti in carriera, Mazzanti ha guidato per mano le sue ragazze al secondo posto iridato, nella finale persa per un soffio al tie-break contro la Serbia. E ora rilancia con l’obiettivo a cinque cerchi, pur con la cautela del timoniere esperto che sa bene di dover miscelare entusiasmo e saggezza, per governare il desiderio di rivincita di Egonu e compagne: «Ai Mondiali abbiamo vissuto una splendida avventura – spiega il ct, ospite d'onore del 3° Forum Sport&Business, organizzato da 24OreEventi e da IlSole24Ore – ma ora dobbiamo essere brave a ripeterci, e senza pensare che potremo ripartire da quel secondo posto. Dovremo ricominciare da capo, e dovremo essere capaci di ricostruirci la nostra strada, passo dopo passo. I campioni fanno così: riescono a fare il vuoto dentro se stessi, dimenticando ciò che è stato e senza pensare a ciò che sarà, dando il massimo nel momento presente. Saremo campionesse vere se riusciremo a creare intorno a noi questo ‘vuoto', per ripartire verso nuovi, grandi obiettivi».

Questione di dettagli, pochi tocchi, meno di una manciata di punti, infinitamente meno di un minuto totale di partita: c'è tutto questo in quell'oro solo sfiorato, quell'argento al collo. Questione di dettagli, di particolari, di una mano messa in un modo oppure in un altro, di un passo fatto o magari solo pensato. Ci sta lavorando su, Mazzanti, per colmare quel gap impercettibile che ha trasformato le serbe in spietate alchimiste, capaci di tramutare l'argento in oro. E, in uno sport in cui l'anima tradizionale, fatta di schemi chiamati con le dita dietro la schiena e parole coperte con la cartellina per gli appunti, convive con l'analisi ipertecnologica, il c.t. sposa deciso la seconda via, sviluppando progetti, app e software specifici: «Con il Politecnico di Milano e Moxoff lavoriamo a un “game simulator”, per ricostruire con modelli matematici le strategie degli avversari e poter adattarci tatticamente in tempi rapidi in partita – spiega-. E con il Politecnico di Ancona stiamo invece creando supporti tecnologici per migliorare la qualità dell'allenamento, misurando intensità e volume di lavoro con strumenti che al momento non esistono». Un mosaico da scomporre per analizzarne ogni singolo pezzo, ma anche da ricomporre, per ritrovarne una sintesi nuova e arricchita: «Ho capito che avremmo fatto un grande Mondiale quando ho guardato negli occhi le ragazze dopo la prima vittoria sulla Cina. E la rabbia con cui la Sylla aveva schiacciato in faccia a una cinese mi ha fatto capire che sarebbe stato davvero difficile fermarci…». Una app, un database, e poi gli occhi, la testa e il cuore. Li troverete frugando nella valigia di un allenatore, nascosti dietro a un sogno a cinque cerchi.

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