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Diritti tv, la Serie A non sfonda all’estero. Per il futuro…

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calcio e business

Diritti tv, la Serie A non sfonda all’estero. Per il futuro l’idea di un canale ad hoc

Ansa
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Una scommessa. Basilare perché al momento dai diritti tv, italiani ed esteri, arriva il 60% dei ricavi della serie A, stando a un documento presentato nei giorni scorsi in un’assemblea della Lega Serie A per delineare i tratti di quel che dovrà diventare l’associazione dei club. Comunque, pare chiaro come la sfida debba giocarsi innanzitutto oltreconfine, con l’aiuto di web e on demand ma anche – si tratta ancora di un’idea allo stato embrionale su cui l’intermediario Img avrebbe però iniziato a fare un pensiero – in un canale della Lega Serie A all’estero, sul modello del canale della Premier League.

Il calcio made in Italy ha ancora grossi margini di miglioramento. Come dimostrato proprio dal documento presentato in assemblea di Lega, li ha sul versante dell’occupazione degli stadi, dei ricavi commerciali, ma anche sui diritti tv all’estero: segno di una internazionalizzazione su cui si può ancora guadagnare. Dalle parti di via Rosellini c’è un convincimento abbastanza chiaro su questo punto, pur partendo da un importante caveat: nell’ultima tornata di assegnazione i diritti tv internazionali sono stati valorizzati visto che per il 2018-21 ci si è assicurati 371 milioni a stagione: praticamente raddoppiati rispetto alla cifra del triennio 2015-18.

Giudizio positivo, ma è dalla slide 21 di quello stesso documento che, in particolare, si capisce come si punti a guardare più ai margini di miglioramento che alla crescita passata. Perché la linea dei diritti tv esteri che impenna dai 532 milioni annui del ciclo 2010-2013 della Premier League inglese agli 885 milioni del 2013-2016 agli 1,573 miliardi del 2016-2019 sono ben altra cosa. Anche i 235 milioni annui della Liga spagnola al 2015 saliti a 636 nell’ultimo ciclo 2015-20 hanno attirato l’attenzione. E questo perché – e si torna all’assunto di partenza – è dall’export del prodotto calcio che i club possono sperare di portare in cassa qualcosa in più, viste le dinamiche degli introiti da diritti nazionali.

Elementi che lasciano intendere come si possa guadagnare terreno oltreconfine comunque non mancano, anche altrove. Nielsen Sport, ad esempio, segnala come la performance delle audience nell’ultimo campionato veda un rapporto di 55% sulle tv italiane e 45% su quelle estere. Per la Premier League il rapporto è 15%-85% e per la Liga 23%-77%. Anche guardando alla composizione per area geografica il 70% dell’area europea è ben altra cosa rispetto al 45% della Liga e al 36% della Premier inglese, con suddivisioni più equilibrate che lasciano intendere una migliore valorizzazione. Infine il numero di broadcaster: 50 per la Serie A, contro i 91 della Liga e i 112 che ritrasmettono la Premier League.

È ovvio: sarebbe sbagliato fare voli pindarici. Il valore del calcio italiano all’estero è da tempo materia di speculazioni e polemiche ed è anche diventato materia di inchieste. Antitrust ha contestato con un’istruttoria – in conclusione entro il 30 aprile prossimo – a MP&Silva (detentrice dei diritti fino allo scorso ciclo), Img (detentrice dei diritti per il 2028-21), B4 e BE4 Sarl l’aver fatto cartello per tenere bassi i valori dei diritti alterando l’esito delle gare per 2009, 2011 e 2014. Una memoria presentata da Pwc per MP&Silva (si veda Il Sole 24 Ore del 10 novembre) pone all’attenzione tutta una serie di elementi per dimostrare che i corrispettivi dei diritti tv, una volta normalizzati sulla base del numero di spettatori e del livello di qualità parametrato a quelli delle altre leghe, siano anche più alti che altrove.

Si vedrà. Intanto la scommessa sulla valorizzazione del prodotto calcio all’estero è ora nelle mani di Img, intermediario Usa che si è aggiudicato i diritti internazionali a livello globale per il 2018-21. Secondo Tv Sports Markets Rights Tracker (servizio di analisi e ricerca di SportBusiness che a sua volta nel 2017 è stato acquisito da Silva International) il totale delle vendite dell’intermediario ai broadcaster presenterebbe un gap sui 100 milioni. Ancora, comunque, ci sono da chiudere accordi. Bocche cucite sull’articolo in questione in casa Img dove invece, al contrario, a taccuini chiusi si esprime soddisfazione per i risultati. Anche perché il calcio è uno degli asset di Img che tratta anche altri sport, dal tennis, al golf, alla Ufc (fighting) e che, quindi, nella sua strategia ha la “pacchettizzazione” di un campionato di pregio come la Serie A. Soddisfatta Img lo sarebbe anche per i feedback sul suo servizio Ott su scala globale “Serie A Pass”. Visione sul web quindi. Sostitutiva della tv in alcune zone? Può essere. Intanto però il pensiero, non ancora progetto ma ci si pensa, va alla creazione di un canale tv della Serie A. Valido solo per l’estero.

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