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Dopo il decreto sicurezza è boom di domande di asilo respinte: sono quattro su cinque

Quattro domande di asilo su cinque respinte. Solo il 5% di permessi per protezione umanitaria rilasciati. Sono le conseguenze dell’entrata in vigore del decreto sicurezza, approvato dal consiglio dei ministri lo scorso 24 settembre e convertito in legge il 28 novembre, che sta impattando anche sui numeri dell’asilo in Italia. Il decreto ha abolito l’istituto della protezione umanitaria, sostituita da “permessi speciali”. «Quello che si riscontra – spiega l'avvocato Nazzarena Zorzella dell’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) – è un orientamento diversificato delle commissioni territoriali. Alcune, minoritarie, di fronte a domande presentate prima dell’entrata in vigore il 5 ottobre del decreto sicurezza fanno ricorso ai vecchi criteri, continuando a utilizzare l’istituto della protezione umanitaria. La maggior parte sta invece utilizzando le nuove norme più restrittive, con una applicazione retroattiva».

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Protezione umanitaria in calo
La conseguenza è un calo drastico delle protezioni umanitarie concesse. In base agli ultimi dati forniti dal Viminale, a novembre, su 7.716 domande esaminate, sono stati 356 (il 5%) i permessi di soggiorno per motivi umanitari rilasciati, rispetto ai 1.105 (13%) di ottobre e ai 1.619 (17%) di settembre. «Ma una diminuzione – aggiunge Zorzella - si era registrato sin da luglio con la circolare del Viminale che chiedeva una stretta nella concessione della protezione umanitaria».

Respinte quattro domande di asilo su cinque
Non solo. I nuovi criteri più restrittivi hanno avuto come effetto anche un aumento record dei casi di diniego. A novembre la percentuale di domande respinte è stata dell’80% (a fronte del 7% di domande di asilo accolte e dell’8 di protezioni sussidiarie concesse) rispetto al 75% di ottobre, al 72% di settembre e al 59% di agosto. Un trend perciò in continua crescita.

I permessi «speciali»
Il permesso di soggiorno per motivi umanitari era previsto dal Testo unico in materia di immigrazione del 1998. Era una forma residuale di protezione per quanti, in base all'esame della commissione territoriale competente alla quale il migrante ha presentato domanda di asilo politico, non hanno diritto a una forma di protezione internazionale (status di rifugiato o protezione sussidiaria) ma si riteneva avessero comunque diritto a una forma di tutela. Si trattava di un permesso di soggiorno con una durata di 2 anni, rinnovabile e convertibile in permesso di soggiorno per lavoro.

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Al suo posto sono stati introdotti dal decreto sicurezza “permessi speciali”, di carattere residuale ed “eccezionale” che danno al titolare una condizione giuridica assai più precaria: ad esempio, non consentono l’iscrizione al servizio sanitario nazionale, ma solo a cure urgenti ed essenziali. Sono cinque le fattispecie previste: il permesso per “protezione speciale”, della durata di 1 anno rilasciato su richiesta della Commissione territoriale per la protezione internazionale allorché non riconosca allo straniero lo status di rifugiato o dallo status di protezione sussidiaria, ma ritenga impossibile il suo allontanamento per il rischio di subire persecuzioni o torture; il permesso “per calamità”; il permesso “per cure mediche”; il permesso “per atti di particolare valore civile”; il permesso di soggiorno “per casi speciali”, rilasciato in altre ipotesi in cui finora era rilasciato un permesso per motivi umanitari: a) protezione sociale delle vittime di delitti oggetto di violenza o grave sfruttamento; b) vittime di violenza domestica che denuncino l'autore del reato; c) particolare sfruttamento lavorativo su denuncia del lavoratore sfruttato che denunci il datore di lavoro.

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