Un dossier da film di spionaggio, all’interno di una vicenda, quella del Milan cinese, che già si era caratterizzata per essere un thriller ad alta tensione. È il contenuto scritto, nero su bianco, nel voluminoso dossier che è stato presentato dal Milan, sotto la nuova gestione del gruppo finanziario americano Elliott, nella causa al Tribunale del Lavoro contro l’ex amministratore delegato Marco Fassone: causa che sembrava soltanto economica (con Marco Fassone intenzionato a chiedere una liquidazione di 10 milioni di euro contro i 2 milioni offerta dal nuovo azionista del club rossonero) e che ora diventa invece un vero caso mediatico e dalle tinte fosche.
Il dossier del Milan presentato al Tribunale di Milano nella causa che vede come controparte l’ex ad Marco Fassone, punta l’indice contro presunte azioni sistematiche di spionaggio. A quanto riportato nelle carte, Fassone incarica tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018 un’agenzia investigativa, la Carpinvest, di effettuare attività di protezione del brand (ad esempio contro la contraffazione), bonifica ambientale presso “Casa Milan”, ma anche attività di controllo verso i dipendenti su smartphone e tablet oltre che pedinamento, da mattina a sera, di alcuni giornalisti.
A essere spiati e pedinati erano quattro giornalisti di testate nazionali: Carlo Festa del Sole 24 Ore, Luca Pagni ed Enrico Currò di Repubblica e Tobia De Stefano di Libero Giornale, spiati e pedinati per 11 giorni consecutivi (dal 19 febbraio 2018 al 2 marzo 2018). Tutto questo per spese complessive di poco meno di 74mila euro. Tanto che proprio il Milan ora, con riferimento a specifiche fatture, le contesta, in quanto le attività commissionate a Carpinvest «non risultano pertinenti allo specifico business aziendale nonché svincolate da qualsivoglia esigenza di tutela del patrimonio aziendale».
L’ACCUSA / COSÌ VENIVANO SPIATI DIPENDENTI E GIORNALISTI
Ma anche la gestione finanziaria dell’amministratore delegato Marco Fassone viene criticata in più punti nel dossier del Milan, per giustificare il licenziamento per giusta causa avvenuto nell’estate scorsa. Dal canto suo Marco Fassone proprio qualche giorno fa ha deciso di fare causa al club, sotto la nuova gestione Elliott, per gli attacchi e la diffamazione nei suoi confronti. Fassone, a sua difesa, rivendica infatti di aver gestito correttamente il club rossonero e di aver conseguito risultati in linea con quanto previsto dal piani industriali, ad eccezione dei ricavi preventivati in Cina, area quest’ultima che non era però di sua competenza. L’avvocato di Fassone, Francesco Rotondi, non commenta il dossier, ma afferma che «Marco Fassone non è coinvolto con le attività di spionaggio e che l’udienza in tribunale dimostrerà anche questo risvolto». Ora sarà il giudice del tribunale del Lavoro di Milano, Luigi Pazienza, a decidere chi ha ragione.
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