Nonostante un nome che, ci scherzavano in tanti, sembrava di buon auspicio, all'alba di un 2019 molto imprevedibile nel box Ferrari viene esonerato Maurizio Arrivabene dal suo ruolo, uno dei lavori più difficili del mondo: far vincere la Ferrari in Formula 1. Era esattamente questa l’essenza del suo contratto, un obbligo non scritto troppo esplicitamente, che però tutti conoscono da sempre.
«Dopo quattro anni di impegno e instancabile dedizione - annuncia la società in una nota - Maurizio Arrivabene lascia la Scuderia. La decisione è stata presa di comune accordo con i vertici dell'azienda dopo una profonda riflessione in relazione alle esigenze personali di Maurizio e a quelle della Scuderia (...) A far data da oggi Mattia Binotto assume il ruolo di Team Principal della Scuderia Ferrari. A Mattia continueranno a rispondere tutte le funzioni tecniche».
Coprire quella posizione, si sa, è stato sempre più ostico dopo la mitragliata di successi di Schumacher: ineguagliata e probabilmente inarrivabile o, comunque, in ogni caso una serie che produce invidia e fa pensare costantemente che la Ferrari meriti di stare al vertice senza eccessivi “digiuni”. Troppo poche infatti le soddisfazioni dopo Schumi, visto l'unico mondiale conquistato da Raikkonen e i troppi persi da Massa, Alonso e Vettel a volte anche all'ultimo stage.
Eppure il 2018, per quanto non vincente nel finale, è stato l'anno migliore negli ultimi 10: si contano infatti sei vittorie, una quota che non si raggiungeva dal 2008 quando, a un anno dal mondiale di Raikkonen, Massa aveva perso il titolo per un punto ma era stato agguantato il titolo costruttori per il secondo anno consecutivo. Troppa, però, la rabbia di averlo perso perchè a più riprese sembrava un'impresa fattibile almeno pensando alla resa tecnica delle vetture, con un fallimento finale da imputarsi perciò a un problema di organizzazione dei piloti. Un'organizzazione ancora più difficile nel 2019, visto che da un lato ci sarà Leclerc, driver emergente con un ultimo anno dai risultati positivi quasi inattesi, dall'altro un campione con una performance delicatissima. Quindi la compresenza a Maranello di due piloti che inevitabilmente andranno uno contro l'altro rischia di essere un'altra gestione incerta, che richiede una squadra compatta e coesa.
Per “Iron Mauri” non è bastato quindi l'endorsement di fine anno di Raikkonen, che si era speso in gentili parole dicendo che lui è la persona giusta per riportare la Ferrari dove merita. Col senno di poi, infatti, si ricostruisce che l'aria sin da prima delle festività doveva essere stata ben poco respirabile per il manager bresciano, e non era nemmeno troppo un segreto, visto che il 24 dicembre diceva a Striscia la Notizia: «Abbiamo fatto cose belle e cose meno belle perché ci tenevamo a prendere il Tapiro», e di risposta l’inviato di Striscia Staffelli gli aveva detto: «Speriamo che l’anno prossimo il marchio della Ferrari non diventi il Tapiro rampante». Gliel'anno quasi tirata, insomma, ma è chiaro che la fame di risultati massimi e il loro mancato raggiungimento comportasse prima o poi qualche sacrificio.
D’altra parte la Formula 1 è una cosa che si impara dal basso: è facile constatare che Arrivabene ha pagato il fattore esperienza, perchè lui aveva lavorato per anni accanto ad altri mentre vestiva la maglia dello sponsor, ma non poteva paragonarsi a persone come Todt, Domenicali, che sono cresciute nell'ambiente e hanno lo spirito automobilistico fino al midollo. A ben vedere, infatti, l'ormai ex team principal non si era mai perfettamente integrato nel suo ruolo. E questo licenziamento prosegue una strategia di riforma iniziata da Marchionne, che da tempo si rivolgeva a Binotto direttamente. Dopo la perdita del grande presidente, si è perso anche il suo carisma, che aiutava a smorzare gli attriti. Da allora invece i due evitavano anche di incrociarsi: non si poteva andare avanti così.
Adesso l'onore e l'onere è tutto in mano a Binotto, un uomo di squadra inequivocabilmente fedele ed educato all'universo Ferrari, che conosce bene le logiche dell'azienda e il mondo delle corse. C'è da dire che anche in questo caso non si raggiunge lo scenario ideale, perchè a ben vedere un super tecnico che diventa team principal è investito di troppe incombenze al di fuori della progettazione di cui resta a capo: gli aspetti organizzativi e “politici” restano quindi al momento una non trascurabile incognita.
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