Guarda al medio-lungo periodo l’insieme di iniziative messe in moto nel 2017 con la costituzione del Comitato per l’educazione
finanziaria, per provare a scardinare nuovi e antichi pregiudizi e accrescere il livello medio di alfabetizzazione in campo
finanziario che al momento le statistiche internazionali vedono attestarsi tristemente in fondo alla classifica. Se ne è discusso
al Master in Corporate finance della 24 Ore Business School del Sole24Ore, con l'obiettivo di fare il punto sulle attività
del Comitato e sulle attività messe in campo per il prossimo futuro. Comitato che vede la partecipazione del ministero dell'Economia,
ministero dell’Istruzione, ministero dello Sviluppo economico e del Lavoro, e tra le autorità di vigilanza di Banca d'Italia,
Consob, Covip e Ivass. Infine le associazioni dei consumatori e dei consulenti finanziari.
L’urgenza dell’educazione finanziaria
«I cambiamenti strutturali che stanno intervenendo nei sistemi pensionistici e di welfare, non più generosi e redistributivi
come in passato – ha osservato nel corso del suo intervento Magda Bianco, responsabile del Servizio tutela dei clienti e antiriciclaggio
della Banca d'Italia – accanto ai cambiamenti nel mercato del lavoro e nei mercati finanziari pongono in assoluta evidenza
e con urgenza il tema dell'educazione finanziaria».
GUARDA IL VIDEO - Educazione finanziaria, Italia indietro. Ora un censimento per migliorare
Solo il 37% della popolazione conosce alcuni concetti base del mondo della finanza
Le indagini campionarie confermano che la strada da compiere è ancora lunga: nel nostro paese solo il 37% della popolazione
conosce alcuni concetti base del mondo della finanza, e benché sia diffusa la percezione che se si sceglie un investimento
con rendimento molto elevato aumenta esponenzialmente il rischio, nei fatti si continua a rincorrere la chimera di rendimenti
elevati. Non pare molto diffuso nemmeno il fondamentale approccio alla diversificazione degli investimenti in campo finanziario.
Dont'put all your eggs in one basket, recisa un vecchio adagio inglese per mettere in guardia dai rischi (a tutti i livelli)
di collocare tutte le uova in uno solo paniere.
Gli ostacoli da rimuovere
Il problema da noi è sociale e culturale, attiene alla scarsa (in media) preparazione scolastica su questi temi, che diventa
poi ignoranza pressoché generalizzata mista a sentimenti di diffidenza e di pigrizia. Tutti ostacoli da rimuovere, perché
anche l'ignoranza finanziaria ha un costo. Tra gli obiettivi del Comitato, diretto dalla professoressa Anna Maria Lusardi,
una delle maggiori esperte in campo internazionale sul tema dell'educazione finanziaria, è quello di creare un “eco-sistema”
che consenta di far crescere le competenze in questo campo. Occorrono sinergie tra tutti soggetti coinvolti, occorre un'adeguata
e continua campagna di informazione che affermi alcuni principi base.
“Non firmare se non capisci”
Tra questi “non firmare se non capisci”, in risposta a quanti giustamente lamentano l'ingente e abnorme documentazione cartacea
che ci viene sottoposta da un intermediario o da una banca quando acquistiamo un prodotto finanziario o semplicemente quando
apriamo un conto corrente. E attenzione alle truffe, segnala Nadia Linciano, responsabile dell'Ufficio Studi economici della
Consob, che ricorda come soltanto il 10% degli italiani sia in grado di porre a confronto più prodotti finanziari per livelli
di rischio, mentre il 74% non ha mai sentito parlare di crowfunding. Meno si è consapevoli di quel che si acquista più si
è esposti alle truffe.
Progetto Consob “Occhio alle truffe”
Da qui nasce il progetto Consob “Occhio alle truffe” che trae spunto dalla vicenda di Charles Ponzi, bancarottiere italiano,
emigrato negli Stati Uniti, Charles Ponzi, che mise nel 1919 in atto un sofisticato meccanismo di piramidi finanziarie, con
l'obiettivo di truffare gli ignari investitori, che applicava lo schema piramidale ai francobolli internazionali prepagati:
i “tagliandi internazionali di risposta”, creati nel 1906 dai Paesi aderenti all'Unione Postale Universale, venivano acquistati
dal mittente di una lettera, in genere gli emigrati negli Stati Uniti, che così pagavano in anticipo il francobollo per la
risposta. A quell'epoca il costo della vita in Europa era molto basso e il prezzo d'acquisto di un francobollo equivaleva
a un centesimo di dollaro, ma le Poste americane restituivano francobolli locali per un controvalore di sei centesimi.
La truffa di Ponzi
Ponzi fiutò il business, ma anche la truffa. Il progetto prevedeva un investimento in denaro a 90 giorni, con un interesse
del 45% sul capitale. Nel giro di pochi mesi furono circa 10mila i cittadini di Boston che gli affidarono risparmi per un
valore complessivo di circa 9 milioni e mezzo di dollari, una cifra enorme per quell'epoca. Ponzi utilizzò parte del denaro
per pagare quanto pattuito ai primi investitori, ma il business ben presto si rivelò una truffa. Ponzi, accortosi che le richieste
di uscita erano maggiori delle nuove entrate e che la sua piramide stava per crollare, riuscì a distrarre e a utilizzare anche
i fondi della Banca della quale era socio.
Il buco di circa 6 milioni di dollari
La bolla finanziaria scoppiò nell'agosto del 1920 portandosi dietro un buco di circa 6 milioni di dollari. Ponzi venne condannato
a 7 anni e mezzo di reclusione per frode postale. Quando uscì di carcere il 14 febbraio 1934, si rifugiò in Florida dove tentò
una nuova speculazione questa volta su alcuni terreni edificabili, che in realtà erano paludi. Finì i suoi giorni in un ospedale
per poveri a Rio de Janerio dove morì nel 1949.
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