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Emergenza lavoro, tra «navigator» e quota 100 il gran ritorno…

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Servizio |il modello neo-democristiano di m5s e lega

Emergenza lavoro, tra «navigator» e quota 100 il gran ritorno del posto statale

Sono due le certezze del decretone su reddito di cittadinanza e quota 100: ci sarà una corsa contro il tempo per assumere i 10mila navigator che dovranno aiutare chi cerca un lavoro a trovarlo; ci sarà una sostituzione automatica del personale pubblico che deciderà di ricorrere al prepensionamento stimata in circa 70mila unità.

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Nel complesso 80mila nuovi occupati da aggiungere ai 140mila statali in più promessi dalla legge di bilancio per quest’anno. In attesa che l’Italia diventi il Mississippi e consenta ai disoccupati di trovare lavoro con la app del telefonino, la mano pubblica farà il suo gioco in modo massiccio. E, per stare a una statistica un po’ grezza, trovare impiego a oltre 200mila persone significa abbattere la disoccupazione ufficiale di oltre il 7 per cento.

Lega e Movimento 5 stelle, oggi impegnati in una nuova turbolenza verbale legata alla campagna elettorale per le europee, sono saldamente concordi nell’adozione di un modello “neo-democristiano” della gestione dell’emergenza lavoro. Così il valore simbolico-politico dei navigator assomiglia sempre più a quello che avevano i postini ai tempi di Antonio Gava (9.300 solo nel 1987) e Remo Gaspari (5mila solo nel 1984). Non sembri un paragone irriverente o fuori luogo: la nuova concezione delle forze populiste oggi al Governo del Paese non fa mistero di un ritorno alla primazia del modello pubblico sia quando si tratti di annunciare nazionalizzazioni ai limiti dell’impossibile (Alitalia, Mps, Carige) sia quando si rivendichi il ruolo dello Stato come “livellatore” delle diseguaglianze.

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Il lavoro diventa lo strumento principale perché la leva fiscale (che sarebbe il mezzo più ortodosso per la redistribuzione della ricchezza) porta con sé divergenze strategiche troppo marcate tra i firmatari del contratto di Governo. Si vogliono evitare rischi di scontri politici insanabili e di errori: il primo abbozzo di flat tax ad esempio ha già prodotto una forma di diseguaglianza tra lavoratori autonomi e dipendenti su cui graverà in modo più pesante la progressività del prelievo.

Per i 10mila navigator da ingaggiare nei Centri per l’impiego è in atto una corsa contro il tempo. Luigi Di Maio esige che il reddito di cittadinanza parta dal primo aprile a ogni costo. Per questo, quando le Regioni, da cui i Centri per l’impiego dipendono, hanno palesato le difficoltà procedurali (e non) ad assumere i rinforzi è stata congegnata una procedura di emergenza per scavalcare l’obbligo dei concorsi. I nuovi assunti saranno divisi in due blocchi: 6mila verranno selezionati a chiamata diretta e per titoli dall’Anpal (Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro) con l’obiettivo di ingaggiarli con contratto di collaborazione biennale, peraltro uno degli strumenti che il Decreto dignità aveva bollato come emblema del precariato; altri 4mila resteranno invece in capo alle Regioni, che procederanno con assunzione mediante concorso. La fretta elettorale però rischia di partorire i gattini ciechi del nuovo precariato. È molto alto il rischio di ricorsi tra gli esclusi e da parte degli stessi assunti che si troveranno a svolgere mansioni identiche con contratti diversi all’interno della stessa amministrazione.

Se il reddito di cittadinanza resta la bandiera dei 5Stelle, quota 100 è il vessillo leghista. E anche in questo caso sarà la mano pubblica a consentire di annunciare almeno 70mila assunzioni tra gli statali. Il blocco del turnover è saltato e la riforma del ministro Giulia Bongiorno prospetta 450mila assunzioni nel prossimo triennio. Il mantra dell’1-1 (un lavoratore assunto per ogni pensionato) trova riscontro nella Pa, meno tra le imprese private la cui gestione del turnover non è automatica ed è molto condizionata dall’investimento in tecnologie sostitutive del lavoro umano. In questa fase, anche per un partito tradizionalmente vicino alle istanze del mondo imprenditoriale, la deriva verso la via dello statalismo, quasi naturale se l’orizzonte non si limita più solo al Nord, risulta funzionale al gioco stretto imposto dalle europee. La mano invisibile può aspettare: quella pubblica si vede molto meglio.

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