Non è un caso che l’analisi costi-benefici sulla Torino-Lione coincida con quello che il ministro Toninelli si aspettava quando ha affidato a Marco Ponti e alla sua squadra l’incarico, ma nelle valutazioni dei risultati occorre separare il lavoro scientifico (che attiene agli economisti) dalle azioni politiche (che attengono ai politici).
Si discuterà per giorni se l’analisi sia stata svolta al meglio. Il lavoro è certamente utile per capire alcuni punti-chiave deboli del progetto e non vi è dubbio che il punto debole principale sia l’insufficienza del traffico ferroviario a ripagare l’opera. Una conclusione, sia detto per inciso, che riguarda la quasi totalità delle opere infrastrutturali proposte in Italia, sia ferroviarie sia autostradali.
Sarebbe interessante fare un’analisi costi-benefici del Grab, il Grande raccordo anulare delle biciclette, intorno a Roma, per capire se abbia un’analisi positiva o negativa. Giusto per citare un’opera cara ai Cinque stelle che i Cinque stelle realizzerebbero probabilmente in ogni caso perché è parte di una strategica politica oltre che di politica dei trasporti. Quale sarebbe il costo “politico” di rinunciare a quell’opera?
Si aggiunga che il manuale non a caso impone che l’analisi costi-benefici si realizzi in una fase di programmazione e progettazione, anche per valutare possibili diverse opzioni e varianti di un progetto. Non a lavori in corso e dopo che sono stati firmati trattati internazionali e l’opera è ricompresa in tutti i piani europei e nazionali.
Bisogna relativizzare il valore di questi studi. Non solo perché dietro un’opera ci sono investimenti e posti di lavoro che nell’opzione zero semplicemente non si realizzano. Ma perché a voler vedere tutto con l’occhio dell’analisi costi-benefici il rischio è di paralizzare tutto. Altro che politica della crescita economica basata sul rilancio degli investimenti pubblici. Sono anni che coerentemente Ponti sostiene che le strade costano meno e rendono più delle ferrovie e lo fa estremizzando un pensiero tecnico, da analisi costi-benefici. Ma – passando dal tecnico ai politici - l’Italia può stare senza una politica ferroviaria di lungo raggio? Abbandoniamo il Sud perché l’analisi costi-benefici dà risultati negativi per le ferrovie? E la ferrovia Roma-Pescara proposta qualche giorno fa dal vicepremier Di Maio dove porterebbe quanto ad analisi costi-benefici? E se facessimo l’analisi costi-benefici anche sul reddito di cittadinanza?
L’analisi costi-benefici può ferire a morte le politiche di un governo (o forse sarebbe più giusto parlare di annunci di politiche). Se poi l’analisi costi-benefici (come ora succede alla bretella autostradale Campogalliano-Sassuolo) si riserva solo alle opere cui si è politicamente ostili, allora è un altro paio di maniche.
Che l’analisi costi-benefici resti uno strumento che risponde a logiche astratte e teoretiche, che possono aiutare le decisioni politiche secondo il motto “conoscere per deliberare” ma non possono sostituirsi alle scelte politiche è evidente anche nel caso della Torino-Lione. Quello che nessuno ha ricordato finora è che l’ABC si realizza sull’intera opera e considerando il totale dei costi e dei benefici. Quando si dice che i costi superano i benefici di 7/8,2 miliardi (o di 6,99 nello scenario “realistico”) ci si riferisce, quindi, ai costi totali e non alla quota parte italiana.
È logico o assurdo che il governo italiano prenda una decisione su un’opera considerando anche i costi che sono a carico della Francia e dell’Unione europea? Alla logica dell’uomo comune (non evidentemente a quella del professore di economia) non è facile spiegare che i costi della Torino-Lione superano di 7 miliardi i benefici se poi il costo per l’Italia è complessivamente di 5,6 miliardi. Per il politico sarebbe forse più utile confrontare il costo sostenuto dall’Italia per finire l’opera con quello che l’Italia dovrebbe sostenere in caso di rinuncia. Funziona ancora l’analisi costi-benefici se – poniamo per ipotesi – l’Unione europea decidesse di regalarci l’opera, finanziandola completamente? E come cambia l’analisi costi-benefici se la Ue decide di finanziare non il 40% ma il 50% dell’opera, ipotesi tutt’altro che peregrina se si considera il lavoro dimplomatico fatto prima dell’arrivo del governo giallo-verde?
Un altro esempio. L’analisi costi-benefici non tiene conto del più ampio effetto di rete che nasce dal collegarsi alla rete europea dell’Alta velocità. Non si vuole dire che questo cambierebbe il segno dell’analisi ma, ancora una volta, che certe scelte strategiche vengono prima delle analisi tecniche. Facendo saltare la Torino-Lione il governo italiano si assume la responsabilità di far saltare l’intero corridoio europeo Mediterraneo che va da Lisbona a Kiev (da Torino a Trieste in Italia). Aldilà del fatto che questo toglierebbe lo status di “opera europea” anche alle opere nazionali comprese in questo corridoio, è chiaro che il valore politico della scelta cambia se a farla è un europeista convinto o un euroscettico.
Quello che pochi ricordano è che l’Italia ha visto con favore e si è battuta per favorire il piano Delors, il primo grande piano di infrastrutture europee. Ancora oggi la Torino-Lione è nel piano dei Ten-T, erede di quel piano Delors, cioè in una grande visione infrastrutturale europea. Bisognerebbe battersi per spingerla, non per azzopparla. Il corridoio che era Quinto Corridoio è poi diventato Mediterraneo. Perché? Fu una battaglia dei governi Prodi e Berlusconi ottenere di far passare quell’asse est-ovest a sud delle Alpi contro l’iniziale parere francese e tedesco che avrebbero preferito un corridoio subito a nord delle Alpi. Si avvertì allora che con quel corridoio l’Italia sarebbe stata tagliata fuori dai principali mercati europei.
© Riproduzione riservata