Autonomia sì, se significa una iniezione di efficienza. Ma «no» a nuovi centralismi, «no» a un più ampio divario. Entra nel vivo della discussione sul regionalismo differenziato il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia. E lo fa non senza fissare paletti ispirati ai principi di solidarietà, uguaglianza e unità dello Stato.
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«Occorre una grande reazione delPaese – precisa il presidente degli industriali italiani – il Sud e il Nord, insieme, devono diventare una grande questione nazionale. Negli ultimi 20 anni si è parlato molto della questione settentrionale e poco di quella meridionale. È giunto il momento di fare sintesi tra questioni complementari».
Boccia partecipa, ad Avellino, al convegno «Ricominciamo dal Sud» promosso dal movimento L’altra Avellino. L’incontro– a cui partecipano anche Aurelio Tommasetti rettore dell’ateneo di Salerno e Cosimo Sibilia presidente della Lega calcio dilettanti – prende le mosse dal libro di Riccardo Monti, ex presidente dell’Ice e di Italferr oggi consigliere delegato di Triboo, «Sud, Perché no?». Piccolo ma denso volume di grande attualità proprio mentre alcune regioni, come Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, e per ultima la Campania, hanno presentato al Governo istanze autonomistiche. Per Boccia, anche la eventuale riorganizzazione amministrativa e fiscale deve essere ispirata a un’idea di società solidale e inclusiva. In cui nessuna forma di autonomia potrà ampliare il divario Nord-Sud.
A questo scopo il leader degli industriali precisa che il regionalismo «deve tener conto dei costi standadard delle prestazioni e non di quelli storici che già oggi penalizzano ampie fette del Paese». «I dati economici fotografano, dal 2008 a oggi, un Paese in declino. Ma un Paese in declino – sottolinea – dovrebbe unirsi, non dividersi». A dicembre, poi, si è registrato un ulteriore rallentamento. «Ebbene – commenta Boccia – si cercano colpe e responsabilità, piuttosto che far partire reazioni». Quando la riapertura dei cantieri? «Quando la ripresa dei lavori della strada statale Contursi Grottaminarda?», (opera strategica per l’Irpinia ndr).
Eppure, si può far ripartire il Sud e recuperare l’ampio divario dal Centro Nord. È la tesi di Riccardo Monti racchiusa nel volume edito da Laterza. «Possiamo accettare come ineluttabile la realtà di un Mezzogiorno con un reddito procapite pari alla metà di quello dell’altra parte d’Italia?», si domanda Monti. Per poi rispondere a sé stesso: «Oggi ci sono punti di forza da cui partire». E li elenca: «Siamo nell’era della rivoluzione digitale che consente di attrarre grandi imprese come la Apple a Napoli; registriamo un boom turistico che ormai è strutturale; sono in corso grandi investimenti in infrastrutture su ferrovie e porti; sta per arrivare l’ultimo grande flusso di fondi europei; la criminalità organizzata è meno aggressiva». Per Monti si deve partire proprio da questi fattori. Ma in fretta poichè il calo demografico incombe sulle regioni meridionali come una grave minaccia.
«Il libro di Monti – commenta Boccia – indica la strada per passare dalle constatazione alle soluzioni». Ci sono alle spalle 20 anni di disattenzione al Sud che fare? Lavoro, formazione, infrastrutture, ecco cosa serve per ripartire. «Non serve assistenza».
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