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Dalla Tav ai migranti, ai terroristi latitanti: i fronti aperti tra…

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IL FORUM ECONOMICO ITALIA-FRANCIA

Dalla Tav ai migranti, ai terroristi latitanti: i fronti aperti tra Roma e Parigi

Tav, ma anche migranti, stabilizzazione della Libia, rapporti con i gilet gialli, e per finire i terroristi latitanti. Il menù dei fronti aperti tra Italia e Francia, “convitato di pietra” in occasione del secondo Forum bilaterale tra i due paesi, organizzato da Medef e Confindustria, che si apre oggi a Versailles, è ampio e spazia dai temi dell’economia a quelli della politica, per finire sul piano della sicurezza.

Parigi osserva il braccio di ferro M5S-Lega sull’Alta velocità Torino-Lione
La Tav, ovvero il braccio di ferro all’interno della maggioranza tra chi è per il no al completamento dell’opera - la componente pentastellata - e chi invece vuole realizzarla (la Lega), è sotto lo sguardo dei francesi, che osservano da lontano, pronti a muoversi, anche sul piano delle penali, per tutelare i propri interessi nel caso in cui l’Italia decidesse di fare un passo indietro. L’attenzione è alta anche e soprattutto per le ripercussioni che lo stop alla linea ferroviaria avrebbe sul piano dell’interscambio commerciale. Parigi è il secondo mercato di sbocco per l’Italia, alle spalle della Germania. C’è poi anche un’altra faccia della medaglia: senza «una tempestiva pubblicazione dei bandi», a rischio ci sono 300 degli 813 milioni di finanziamenti europei per il periodo 2015-2019. Il nodo è chiaro anche alla ministra dei Trasporti, Elisabeth Borne, che ha espressamente chiesto all’Italia di chiarire subito la sua posizione o, appunto, si rischiano di perdere i finanziamenti Ue. Il mondo delle aziende, sia quello italiano sia quello francese, chiedono che la Tav venga portata a termine. Intanto nella parte francese i lavori continuano.

GUARDA IL VIDEO - Forum economico franco-italiano a Versailles: Europa, investimenti, lavoro e formazione

I dissidi sull’accoglienza dei migranti
Un altro capitolo dei fronti aperti Italia-Francia è quello della gestione dei flussi migratori provenienti dall’Africa. L’Italia ha cercato di cambiare il regolamento di Dublino sul diritto d’asilo europeo. Nel mirino di Roma il principio in base al quale la richiesta di asilo va inoltrata nel paese di prima accoglienza o di primo ingresso nell’Ue. La Francia non ha mai sostenuto in maniera convinta la richiesta. In più di un’occasione, i rapporti tra i due paesi si sono fatti tesi. E non sono mancati i momenti di tensione: a marzo un gruppo di doganieri francesi ha fatto irruzione in una sala della stazione di Bardonecchia, assegnata alla Ong Rainbow4Africa, per effettuare il test delle urine a un immigrato regolare fermato sul treno Parigi-Milano e sospettato di traffico di stupefacenti. A Torino la Procura ha aperto un’inchiesta ma Parigi ha difeso l’operato dei suoi doganieri, sottolineando che l’intervento era in linea con un accordo sugli uffici di confine del 1990. Il ministro degli Affari esteri Moavero ha convocato alla Farnesina l'ambasciatore francese in Italia e ha chiesto spiegazioni. A ottobre 2018, è stata la volta di un duro botta e risposta a colpi di video, denunce, e comunicati per il caso dei migranti respinti e lasciati alla frontiera italo-francese dalla Polizia d'oltralpe. Il Viminale ha più volte attaccato l'atteggiamento di Macron e del Governo francese, pronto a criticare lo stop agli attracchi nei porti disposto da Salvini ma restio ad accogliere i migranti che approdano sulle coste italiane.

La gara Italia- Francia per la leadership nella stabilizzazione della Libia
Gestione dei flussi migratori significa anche stabilizzazione della Libia, altro punto debole nelle relazioni Italia - Francia. La caduta del colonnello Gheddafi nel 2011, a seguito dell’intervento militare sotto l’ombrello Onu promosso anche e soprattutto su pressing dell’allora inquilino dell’Eliseo Sarkozy, ha fatto precipitare il paese del Nord Africa in una situazione di caos crescente. Il governo di unità nazionale guidato da Fayez Serraj, riconosciuto dalle Nazioni Unite a seguito degli accordi di Skhirat del 2015, e interlocutore dell’Italia, è sempre più debole. In questo momento l’uomo forte è il generale Khalifa Haftar, che controlla la Cirenaica. Ma non solo: dal 16 gennaio a capo dell’Esercito nazionale libico ha avviato una campagna nel Sud Ovest del Paese. Gli uomini di Haftar - sostenuto da Francia, Egitto, Russia ed Emirati - hanno preso il controllo della sicurezza del giacimento libico El Feel, operato da Eni assieme alla Compagnia petrolifera nazionale libica (Noc), e dei pozzi di Sharara, gestiti dalla Noc, dalla spagnola Repsol, dalla francese Total, dall'austriaca Omv e dalla norvegese Statoil. Il controllo dei pozzi ha una rilevanza strategica: da qui infatti scaturisce il 90% delle entrate per le casse libiche. L’attivismo di Haftar fa il paio con la crescente debolezza di Serraj. Nei mesi scorsi Italia e Francia hanno promosso incontri con i principali attori della partita libica, in un testa a testa finalizzato a sottrarsi l’iniziativa del processo di stabilizzazione della Libia. L’ultimo appuntamento è stato organizzato dall’esecutivo giallo verde a Palermo, a metà novembre: una conferenza internazionale sul paese dove, dopo non pochi tira e molla, è intervenuto anche Haftar. Alla fine di quell’incontro rimane una foto del premier Conte, con Serraj e il generale. Un incontro tra i due libici c’è stato di recente ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, alla presenza del rappresentante speciale dell’Onu sulla Libia, Ghassan Salamè. Ma tra Roma e Parigi è scattata una corsa sotterranea a organizzare un trilaterale “in casa propria”.

Il dialogo tra Di Maio e i gilet gialli e il richiamo dell’ambasciatore francese
Il momento più caldo nei rapporti recenti tra Italia e Francia è stato però sui gilet gialli. La scelta del vicepremier pentastellato Luigi Di Maio, quindi di un esponente di primo piano del governo italiano, di incontrare gli esponenti di questo movimento, che ha bloccato e blocca le strade di tutta la Francia, ha spinto Parigi a richiamare lpambasciatore a Roma Christian Masser.

Il dossier dei 15 terroristi da estradare
Dopo il ritorno dell’ambasciatore a Roma, il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini, leghista, ha rilanciato: «Adesso aspettiamo che Parigi ci restituisca i 15 terroristi». In un’intervista a “Le Monde” il ministro francese per gli Affari Europei Nathalie Loiseau ha replicato: la questione riguarda il lavoro dei magistrati dei due paesi, su di essa Salvini non ha alcuna voce in capitolo. Le parole di Loiseau confermano che i due paesi hanno messo mano ai dossier. L’Italia, nel corso di un incontro che si è tenuto ai primi di febbraio tra le delegazioni dei due ministeri, ha presentato una lista con i nomi di 15 terroristi, che hanno ognuno una posizione diversa. L’impegno preso da entrambi i paesi è di riesaminarli uno a uno nel dettaglio, per rimettere in fila tutti gli elementi: tipo e gravità del reato, condanne, rischio prescrizione. Quest’ultima è l’ostacolo maggiore, tenuto conto che il sistema francese, che ha limiti massimi di prescrizione pari a 30 anni, prevede che anche l’omicidio si prescriva. A maggior ragione, per reati meno gravi le probabilità che sussistano ancora le condizione per l’estradizione sono molto basse. Il Guardasigilli Alfonso Bonafede incontrerà il collega Nicole Belloubet l’8 marzo a Bruxelles, in occasione del vertice di tutti i ministri della Giustizia dell’Ue. Sarà quella l’occasione per capire a che punto è la trattativa.

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