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Migranti, gli psicanalisti dopo la lettera a Mattarella: mobilitiamoci…

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la lettera del centro Italiano di Psicologia Analitica

Migranti, gli psicanalisti dopo la lettera a Mattarella: mobilitiamoci contro intolleranza nel Paese

L’appello è a suo modo unico. Punta a mobilitare un mondo spesso diviso in monadi non comunicanti tra loro. È rivolto, infatti, senza distinzioni, «a tutti i colleghi che lavorano con il disagio mentale». E viene degli psicanalisti junghiani della Centro italiano di psicologia analitica (Cipa), accomunati dalla denuncia del «clima di intolleranza e disumanità che si sta diffondendo nel nostro paese, in particolare dopo l'emanazione del “Decreto Sicurezza”». La proposta, lanciata all’inizio di marzo, è quella di organizzare «una manifestazione comune per costituire un movimento d'opinione che sostenga con forza i valori dell'accoglienza e dell'integrazione, proprio come principi cardine della nostra pratica psicoterapeutica, nonché della salute psichica e della vita sociale».

E arriva dopo due lettere inviate a inizio febbraio al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, subito dopo l’approvazione in Parlamento del decreto sicurezza: una dagli psicanalisti freudiani della Società psicanalitica italiana (Spi) e un’altra dagli junghiani dell’associazione di psicologia analitica in Italia (Aipa).

«Più che a una manifestazione unica, in realtà puntiamo a un insieme di iniziative pubbliche di confronto, discussione e testimonianza» spiega Maria Ilena Marozza, segretario scientifico del Cipa - Roma. «Nella capitale ad esempio ne abbiamo in programma una a maggio». L’appello ha in calce finora oltre 340 firme. E anche se è rivolto agli «addetti ai lavori» è stato firmato non solo da psicoterapeuti e psicologi ma anche anche da «magistrati, medici, musicisti, docenti universitari, docenti scolastici, avvocati, giornalisti e giuristi» racconta Marozza.

Per gli psicanalisti junghiani «collegare il problema della sicurezza con l'immigrazione è sbagliato e pericoloso», perché «riduce a tema di ordine pubblico un fenomeno geopolitico di portata storica» e «annulla la sofferenza di migliaia di esseri umani costretti a fuggire da realtà di morte, tortura, miseria». Non solo. «Additando un nemico nel diverso, (si) diffonde una cultura razzista e xenofoba, che si incunea nello spaesamento, nello sconcerto, nella paura delle popolazioni occidentali». Con il conseguente «rischio di generare una società psicopatica, paranoica e autoritaria».

La lettera aperta degli psicanalisti della Spi, firmata da 618 psicanalisti e inviata al Presidente della Repubblica il 2 febbraio 2019, parte dal presupposto che la situazione dei migranti «da tempo critica, si è drammaticamente aggravata dopo il varo e l'approvazione del “Decreto Sicurezza” che, contrariamente al termine “sicurezza”, sta già rendendo la condizione dei migranti e, consequenzialmente quella italiana, sempre più “insicura”». Gli psicanalisti dicono di concordare con Mattarella quando evidenzia che «la vera sicurezza si realizza, con efficacia, preservando e garantendo i valori positivi della convivenza». Ma rilanciano, sottolineando che «la convivenza non è un dato, ma una paziente tessitura da costruire nel quotidiano, sfidando paure e diffidenze reciproche inevitabili».

La paura di chi è chiamato ad accogliere non va demonizzata o rimossa. Ma ascoltata, accolta ed elaborata. «L’accoglienza e la convivenza non sono scontate - si legge nella lettera - possono essere prove difficili quanto l'esilio ed è per questo che vanno sostenute attraverso politiche e azioni sociali capaci di dare ascolto anche al disagio della popolazione residente, evitando che si radicalizzi quel cieco rifiuto che si sta attivando». «Siamo consapevoli - si legge ancora - che le paure possono accecare al punto da distorcere la percezione non solo dell'altro ma persino della propria stessa umanità. La disumanità è un rischio costante per l'umano in cui si può scivolare quasi inavvertitamente spostando sempre un po' più in là l'asticella di ciò che è tollerabile. E' questa la ragione per cui è ancora più necessario riuscire ad ascoltare anche quello che si cela sotto la paura, per trasformarla in possibilità di contatto con se stesso e con l'altro. Attraverso il nostro lavoro di psicoanalisti siamo vicini alle complesse realtà umane e sentiamo urgente lavorare e riflettere, anche al di fuori del nostro ambito, sulla possibilità di elaborare il “male” per prevenire il rischio che il “male” possa essere agito».

Ma la nuova legge, di fatto, «rende impossibile l'integrazione dei migranti in Italia, esponendoli ancora una volta al rischio di umiliazioni e sofferenze psichiche profonde e disumane». Ecco allora che «gestire il fenomeno migratorio come una pura questione di ordine pubblico è segno di pericolosa miopia». «Non possiamo - è la conclusione - accettare il razzismo crescente che sfocia in atti di cui una nazione civile dovrebbe vergognarsi. È in atto un diffuso, impressionante processo di disumanizzazione. Noi analisti siamo sensibili per formazione professionale e cerchiamo di tenere a mente l'insegnamento della storia, anche perché nel periodo delle leggi razziali, la psicoanalisi fu vietata e molti colleghi di allora, perché ebrei, furono costretti a emigrare. Operando nel settore, non finiamo mai di stupirci di quanto dolore possa essere inflitto a un essere umano, anche senza volerlo, anche solo girando la testa dall'altra parte. Conosciamo le gravi conseguenze psichiche di tutto ciò che sta succedendo, sia in coloro che si sentono rifiutati ed emarginati, sia nei figli che avranno, sia in coloro che si trovano a dover operare in modo disumano e che rischiano essi stessi di impoverirsi dei valori fondamentali dell'esistere». Per questi motivi, «non siamo disposti a vedere una parte dell'Italia abbracciare xenofobia e razzismo».

«Un'altra Italia esiste e inizia a esprimere il proprio profondo dissenso: noi ne facciamo parte - è la chiusa finale -. Lavoriamo affinché i valori dell'ospitalità, della tolleranza, della convivenza e della responsabilità individuale per il futuro di tutti, siano mantenuti vivi. Siamo una “comunità di vita”, come lei (Mattarella, ndr) ha definito il nostro Paese e, come tale, vogliamo continuare a esistere. Non possiamo tacere perché tacere sarebbe colpevole anche verso le generazioni future di figli e nipoti che ci potranno chiedere dove eravamo quando un'umanità dolente e in cerca della possibilità di ricostruire la propria identità spezzata e perduta, veniva respinta, emarginata o segregata in modo disumano».

Anche gli psicanalisti dell’Aipa, nella loro lettera al capo dello Stato hanno evidenziato che dopo l’approvazione del decreto Salvini (Legge 132/2018) si è «drammaticamente aggravata la situazione di queste popolazioni (migranti, ndr) nel nostro Paese. Sembra che l'Italia abbia perso la sua capacità di rendere il fenomeno migratorio una risorsa - si legge - e non una ulteriore fonte di sofferenza mentale per tutti, stranieri e cittadini italiani. La nostra impressione - è la conclusione - è che questa legge miri a distruggere l’integrazione di soggetti socialmente vulnerabili, in primo luogo i minori non accompagnati e le donne, le quali sono spesso vittime di tratta e ridotte in schiavitù, al tempo stesso minando l'impianto dei diritti fondamentali su cui si basa la nostra Repubblica»

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