Non solo medicina, odontoiatria, veterinaria, architettura, scienze della formazione e professioni sanitarie. Le barriere all’ingresso per le matricole dell’università sono sempre più frequenti e riguardano, oltre ai corsi programmati a livello nazionale, appena citati, anche molte lauree il cui numero massimo di iscritti al primo anno viene stabilito direttamente dagli atenei con la programmazione locale. Si spazia così da economia a scienze della comunicazione, da farmacia a psicologia, da lingue a scienze motorie.
In totale - in base ai dati elaborati dal Miur per Il Sole 24 Ore del Lunedì - nell’anno accademico 2018/19, 70 atenei su 92 (il 76%) presentano un filtro in entrata. Si tratta di 1.736 corsi di primo e secondo livello su un’offerta complessiva di 4.560.
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In pratica, il numero chiuso è la regola per il 38% delle lauree: 732 percorsi programmati a livello nazionale e 1.004 a livello locale. Con un trend in costante crescita, visto che i corsi
ad accesso regolamentato erano 1.646 nel 2016/17 e 1.701 nel 2017.
Le scelte degli atenei
Tra i singoli poli è l’Alma Mater di Bologna ad avere in valore assoluto il record dei corsi a numero chiuso: 108 su 214. A seguire La Sapienza di Roma (94 su 226) e l’università di Padova (82 su 176). Tra gli atenei che hanno tutti i corsi a numero chiuso spiccano l’università della Calabria (89 corsi), la libera università di Bolzano e la Magna Graecia di Catanzaro (entrambe con 23 corsi di laurea).
La presenza di un filtro all’ingresso nasce in genere da una duplice finalità: da un lato, adeguare le immatricolazioni alla dotazione di spazi e personale degli atenei; dall’altro, ridurre i tassi di abbandono degli studenti tra il primo e il secondo anno ed evitare che il tentativo italiano di aumentare il numero di laureati (al momento è penultima nell’Ue, ndr) si riveli ancora più faticoso. Ma almeno questo secondo obiettivo sembra più vicino se si considera che le “fughe”sono scese dal 15,2 del 2010/11 al 12,1% del 2016/17 per le triennali, dal 7,7 al 5,9% per le magistrali e dal 9,4 al 7,3% per quelle a ciclo unico. Numeri che Paolo Miccoli, presidente Anvur, commenta così: «Analizzando anche la capacità dei corsi di mantenere gli studenti che altrimenti cambiano percorso iscrivendosi nello stesso o in altro ateneo, si nota un miglioramento complessivo del sistema, particolarmente marcato per le lauree triennali. Probabilmente grazie a orientamenti in ingresso e in itinere più efficaci».
Le novità in arrivo
Puntano proprio a migliorare l’orientamento delle future matricole alcune delle novità previste dal decreto del Miur del 28 marzo scorso sui test d’ingresso in programma a partire dal 3 settembre per medicina, odontoiatria, veterinaria e architettura. Dall’introduzione di un test psicoattitudinale (e preventivo) di autovalutazione alla richiesta agli atenei di attivare corsi di preparazione ai test d’ingrezzo nazionali. Modifiche che, per medicina, saranno accompagnate dall’aumento del 20% dei posti a disposizione. Arrivando a quota 12mila, il più alto da 6 anni.
Non va dimenticato, poi, che anche per i corsi di laurea ad accesso libero sono previsti in molti casi test di orientamento iniziale che non precludono l’iscrizione ma in caso di “bocciatura” impongono debiti formativi o esami di riparazione.
Per i corsi di laurea a numero programmato locale i test sono organizzati in autonomia dalle singole università con un calendario di prove già partito in primavera. Molti poli si affidano al consorzio Cisia - costituito da 48 atenei
statali - che sul fronte dell’orientamento il 17 aprile lancerà i Mooc (Massive open online courses) di materie di base disponibili
liberamente per tutti gli studenti, anche come supporto per il recupero degli obblighi formativi aggiuntivi per il primo anno
di università.
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