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Irpef, Ires e flat tax: come potrebbero cambiare le tasse degli italiani

Flat tax, dual tax, quoziente familiare, revisione delle agevolazioni, taglio dell’Ires. Con la messa a punto del Def (e in vista delle europee del 26 maggio), le tasse tornano a essere protagoniste del dibattito politico, con ipotesi e polemiche che, quasi in un gioco delle parti, si susseguono una dietro l’altra.

Se sull’Ires un intervento correttivo arriverà nel dl crescita, per l’Irpef bisognerà invece aspettare la legge di bilancio 2020. Ecco una sintesi delle novità, già introdotte o in attesa di definizione.

Oggi l’Irpef prevede cinque scaglioni
L’Irpef è calcolata in base al reddito di ciascun contribuente ed è strutturata in cinque aliquote organizzate sul principio di progressività: a partire dal secondo scaglione le aliquote si applicano cioè solo sulla parte di reddito che eccede quella dello scaglione precedente. Si parte innanzitutto dalla no tax area dei redditi fino a 8.174 euro. Poi iniziano gli scaglioni. Fino a 15 mila euro annui scatta l’aliquota al 23%, da 15.001 a 28 mila euro al 27%; da 28.001 e 55 mila euro al 38%, da 55.001 a 75 mila euro al 41%; mentre oltre i 75 mila è al 43%.

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Le ipotesi di flat tax in campo
La Lega punta ora ad introdurre la flat tax al 15% sui redditi familiari (non del singolo contribuente) fino a 50.000 euro, seguita da uno “scivolo” per la fascia di reddito successiva. Il costo si aggirerebbe intorno ai 12-13 miliardi. Senza fornire numeri, il M5S batte la bandiera della difesa del ceto medio ispirandosi al modello francese di quoziente familiare, anch’esso in realtà calcolato sul reddito complessivo del nucleo (come dice la Lega), con detrazioni a seconda del numero dei figli. Nelle prime bozze del Def, si parla invece ancora di revisione dell’Irpef, quindi di tassazione sulle persone fisiche, con una flat tax al 15% inizialmente fino a 30.000 euro, diventata nell’ultima versione ’dual’: al 15% e al 20% senza specifiche sugli scaglioni di reddito, indicati genericamente come ’bassi’. Ogni ritocco sarebbe accompagnato da una revisione di detrazioni e deduzioni, destinate a coprire il costo del nuovo sistema. Non si nomina mai, ma non è mai stata nemmeno esclusa, una cancellazione ad hoc del bonus 80 euro.

Forfait al 15% per le partite Iva
La manovra 2019 ha esteso il regime forfettario al 15% a tutte le partite Iva fino a 65 mila euro di reddito, garantendo ai nuovi contribuenti forfettari anche le agevolazioni fiscali previste per i contribuenti minimi, compreso l’esonero dall’obbligo di fatturazione elettronica. Dal 2020, le pmi o i professionisti che nell’anno precedente abbiano conseguito ricavi o compensi fino a 100.000 euro possono applicare al reddito d’impresa o lavoro autonomo eccedente i 65.000 euro l’imposta sostitutiva al 20%. La stessa legge di bilancio ha introdotto una flat tax al 15% anche per gli insegnanti che danno lezioni private.

Dalla mini Ires al calo progressivo
La legge di bilancio ha introdotto la “mini-Ires”, il taglio di 9 punti dell’aliquota (dal 24% al 15%) per le imprese che assumono personale aggiuntivo e reinvestono gli utili in macchinari. Il meccanismo troppo complesso sembra però non aver funzionato, tanto da spingere ad una modifica nel dl crescita: il taglio dell’Ires sarà generalizzato e riguarderà gli utili non distribuiti e reinvestiti. Si passa al 22,5% quest’anno, al 21,5% nel 2020, al 20,5% nel 2021 e al 20% a regime dal 2022.

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