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I CONTI IN TASCA AI CORRIDORI

Tanta fatica, tanti soldi spesi: quanto costa fare il «runner»

Dopo Roma, Milano, Rotterdam, Parigi e Boston tocca a Londra. Dal parco di Greenwich fino al vialone del Mall, 42 chilometri e 195 metri per l’ultima grande maratona del mese di aprile. Oggi saranno in 40mila al via: davanti i più forti del pianeta, dietro la massa che corre per divertirsi.

Se l’attività su pista rappresenta il cuore pulsante dell’atletica, quella su strada è la fonte del business. Maratone, mezze maratone e gare sui 10 chilometri impazzano in ogni dove, per la gioia degli organizzatori e la fortuna dei podisti, i quali ogni domenica si danno appuntamento su qualche piazza per la loro competizione settimanale.

GUARDA IL VIDEO / Runner, quanto costa la passione per la corsa?

Sono proprio gli interpreti della corsa a rendere fertile il terreno dal punto di vista commerciale, alimentando un indotto che riguarda abbigliamento, salute, nutrizione e viaggi.

Fare i conti in tasca al runner medio italiano non è facile, perché non esiste uno stereotipo, ognuno interpreta la corsa a modo suo. Ci proviamo, mettendo insieme le principali voci di costo di un podista non professionista, ma comunque impegnato seriamente in una quindicina di gare all’anno. Iniziamo con le spese annuali fisse, costituite dalla visita medica per l’idoneità agonistica (50 euro) e dalla tessera Fidal (20 euro). Continuiamo con l’abbigliamento. Per calzoncini, calzamaglie, felpe, t-shirt e tute si spendono anche 500 euro all’anno, 300 se ne vanno per le scarpe (almeno un paio ogni 4 mesi).

Per gli integratori, tra bevande, gel e barrette, si spendono 150 euro, per il massaggiatore anche 300 euro se lo si sfrutta una volta al mese. Tralasciando i costi di trasferta (impossibili da stimare per il podista medio, essendo troppo variabili da caso a caso), sono più facili da calcolare quelli relativi alle iscrizioni alle gare. Considerando due maratone, sei mezze maratone e 8 gare sui 10 chilometri, per appendersi al petto il numero di gara occorre investire circa 500 euro: mediamente l’iscrizione con pacco gara a una maratona italiana costa circa 50 euro, per una “mezza” la spesa è di circa 35 euro, mentre una 10 chilometri costa sui 20 euro. Sommando tutte le voci, un atleta spende tra 1.800 euro e 2.000 euro in un anno, quindi circa 150 euro al mese. Soltanto i migliori riusciranno a recuperare qualcosa, grazie ai premi ricevuti dalle proprie società di appartenenza oppure dagli organizzatori.

A tal proposito, anche dal punto di vista dei promotori delle gare la corsa può essere intesa come un’attività economica, con un suo modello di business ormai rodato.

Sul fronte delle entrate le voci principali sono due: le quote di iscrizione versate dagli atleti e i ricavi da sponsorizzazioni provenienti di solito dagli enti o dalle imprese locali, oppure dai fornitori di materiale tecnico e alimentari, due generi di prodotti inseriti nei pacchi gara destinati ai partecipanti.

Sul fronte dei costi, gli aspetti da considerare sono svariati. Da quelli ovvi (il montepremi da assegnare agli atleti, l’ingaggio per i top runner, l’allestimento del pacco gara e dei ristori sul percorso e all’arrivo) a quelli più nascosti: la presenza del medico e delle forze dell’ordine, la chiusura delle strade, i rimborsi a giudici, cronometristi, componenti del comitato e volontari che assicurano lo svolgimento della manifestazione. La possibilità di chiudere in utile o in pareggio dipende esclusivamente dal numero dei partecipanti: più è elevato, più si può sperare di guadagnare qualche euro.

Da questo punto di vista se i corridori forti rappresentano un costo (ingaggio, vitto e alloggio), gli amatori sono una fonte di ricavo sia diretto (per la quota di iscrizione versata) sia indiretto: più folta è la loro presenza, maggiori saranno le aziende disposte a sponsorizzare la gara. Un circolo virtuoso che si alimenta domenica dopo domenica. Di corsa verso il traguardo senza mai fermarsi.

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