C'è una “parola chiave” che più di ogni altra è in grado di fotografare l'attuale situazione sul fronte interno e internazionale: incertezza. L’ex ministro dell’Economia e attuale deputato del Pd, Pier Carlo Padoan, intervenendo al Master in Management politico della 24Ore Business school e della School of government della Luiss, ricorre a John Maynard Keynes che indagò sulle conseguenze economiche dell'incertezza. La politica può attenuarne o limitarne gli effetti, oppure amplificarli a seconda delle decisioni che vengono assunte.
GUARDA IL VIDEO - Padoan: il lavoro è la soluzione per combattere le disuguaglianze
Il problema è che i “focolai di incertezza” sono molteplici. Padoan parte da Donald Trump e dagli effetti delle sue decisioni in materia di politica commerciale sull'assetto delle relazioni internazionali. Dal secondo dopoguerra in poi, gli Stati Uniti sono stati un attore fondamentale nell'edificare un assetto geopolitico basato sul multilateralismo. Ora che Trump ha imboccato con decisione, ma non senza qualche stop and go, la strada delle relazioni bilaterali con i singoli paesi, potremmo assistere alla fine del sistema di relazioni internazionali costruito negli ultimi settanta anni. Il tutto, in presenza di altri “attori globali” come la Russia e la Cina.
GUARDA IL VIDEO - Padoan: proseguire sulla strada delle riforme per superare la recessione
Il risultato sul fronte dello scenario internazionale, alimentato dagli incerti sviluppi della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, è appunto l'incertezza che genera a sua volta una sorta di diffuso sentimento di attesa, di sospensione delle decisioni sia per quel che riguarda gli investimenti sia per i consumi. E la crescita si arresta, nella consapevolezza – osserva Padoan – che il vero conflitto a livello globale «non è più soltanto sul commercio quanto sulla tecnologia».
L'incertezza investe al tempo stesso l'Europa, che come attore globale «al momento è molto debole». Se si guarda alle prime grandi “big tech” non possiamo che riscontrare l'assenza di aziende europee. Ma il problema in Europa «è la mancanza di fiducia reciproca. Un'Europa divisa è più debole al suo interno».
L’elenco delle riforme necessarie per rilanciare il progetto europeo è nutrito: dalla revisione dell'architettura istituzionale a un vero bilancio comune che preveda anche la nascita di un ministro delle Finanze europeo, dal completamento dell'unione bancaria alla definizione di meccanismi di stabilizzazione del ciclo economico sulla falsariga del cosiddetto fondo salva-Stati. L'attesa di questi e altri passaggi fondamentali per il futuro della casa comune europea genera appunto incertezza. «Come non sottolineare – osserva Padoan – che l'incertezza nell'applicazione delle nuove regole sulle crisi bancarie ne ha complicato notevolmente la gestione».
Anche la revisione dei parametri europei sul versante della disciplina di bilancio andrebbe gestita con chiarezza e unità di intenti. Il problema è che se l'Europa non cambia passo «è destinata a soccombere», aprendo anche in tal modo la strada all'affermazione di un nuovo sistema di relazioni internazionali basato sul bilateralismo. I fattori di incertezza investono anche il nostro paese, alle prese con un difficile negoziato per provare a evitare che scatti la procedura d'infrazione causata dalla violazione del criterio del debito. E qui la partita è tutta politica in un contesto reso effettivamente critico e fragile da una situazione dei conti pubblici che vede il tasso di crescita nominale dell'economia (comprensivo dunque dell'inflazione) marciare al di sotto del trend di crescita degli interessi, ingenerando il cosiddetto “snow ball”.
Occorre riprendere il percorso delle riforme, che hanno effetti sulla produttività, occorre puntare a un avanzo primario pari ad almeno il 3% del Pil, mentre nelle ultime stime contenute nel Documento di economia e finanza ci si aggira nei dintorni dell'1,6-1,8%. Le esperienze più recenti mostrano che gli effetti delle riforme – se ben implementate – ci sono. Padoan cita i progressi che si registrano sul versante della giustizia civile, ma anche il cambio di marcia dell'amministrazione tributaria. Quanto al dibattito sorto attorno ai “mini-Bot”, Padoan osserva che quanto meno è servito - come ha ricordato il ministro dell'Economia Giovanni Tria - a certificare che i tempi per i pagamenti dei debiti commerciali delle amministrazioni pubbliche «si sono drasticamente ridotti».
© Riproduzione riservata