Sembra una storia inventata, di quelle che si raccontano nelle serate davanti al camino nelle baite di montagna, meglio se con un bicchierino di grappa in mano. Eppure ci sono testimoni pronti a giurare che sia andata proprio così: mentre scendeva sulla mitica Streif, a Kitzbühel, la pista di discesa libera più famosa e difficile del mondo, Gustavo Thoeni perse uno sci. Per tutti sarebbe stata la fine, con una caduta rovinosa. Per tutti, ma non per Thoeni, che riuscì a completare la discesa. Lo stesso Thoeni, in qualche occasione, sorrise dicendo che erano solo storie: ma chi lo ha visto sciare sa che avrebbe potuto farlo, e il dubbio è rimasto.
Gustavo Thoeni è stato un grandissimo: capace di danzare tra i paletti dello slalom speciale, di dominare tra quelli del gigante, di arrivare secondo con soli tre millesimi di distacco dal re della discesa libera, Franz Klammer, proprio sulla Streif: questa volta in una gara ufficiale, davanti a tutto il mondo. Era il 1975 e quella discesa era diventata importantissima nella corsa alla Coppa del Mondo assoluta. I regolamenti erano cambiati, costringendo i signori dello slalom a buttarsi in discesa per le combinate.
Thoeni ha vinto molto, ma avrebbe potuto vincere anche di più se fosse stato meno calcolatore: un computer, si direbbe oggi, capace di capitalizzare anche pochi millesimi di secondo, di scegliere in modo cosciente di non rischiare un'uscita di pista limitandosi a un piazzamento sicuro. E se pensate che rallentare solo di qualche centesimo sia facile, sappiate che finora Thoeni è stato l'unico a riuscirci.
Nella stagione 1971/1972, che culminava con le Olimpiadi di Sapporo, Gustavo Thoeni si presentò da detentore della Coppa del Mondo assoluta. Eppure i risultati, prima delle Olimpiadi, non furono esaltanti: tanti piazzamenti, ma nessuna vittoria, con la complicazione aggiuntiva di uno stupido infortunio rimediato in allenamento al Sestriere. E infatti, nella classifica di Coppa, era solo al quarto posto. A Sapporo non era il grande favorito, sembrava un'occasione persa proprio nel momento più bello della carriera.
Invece arrivarono l'oro nel gigante, con una seconda manche magistrale, e l'argento nello speciale. Dopo Zeno Colò, l'Italia ritrovava un campione olimpico. «Unsere Gustav» (il nostro Gustavo) scrissero i giornali austriaci. Ma sul podio Thoeni portò il tricolore, con orgoglio, come avrebbe fatto altre decine di volte tra Olimpiadi, Mondiali e Coppa del Mondo. Con il regolamento di oggi avrebbe collezionato altri due ori olimpici nel 1972 e 1976: ma le combinate, allora, erano valide solo come titolo mondiale.
I suoi rivali più pericolosi non erano solo gli stranieri. Molti li aveva in casa, nella leggendaria valanga azzurra: da Pierino Gros al cugino Rolando, da Franco Bieler a Tino Pietrogiovanna, da Fausto Radici a Erwin Stricker. Tutta gente capace di salire sul podio, di vincere. In mezzo a questi mostri Gustavo Thoeni riuscì a emergere, vincendo per quattro volte la Coppa del Mondo assoluta, tre volte quella di gigante, due quella di slalom.
Nel 1975 si trovò tra i piedi, a sbarrargli la strada verso il successo finale, il più grande di sempre, Ingemar Stenmark. Il destino di una stagione racchiuso in una sola gara, l'ultima: lo slalom parallelo. Chi fa meglio porta a casa la Coppa del Mondo. Thoeni e Stenmark arrivarono in finale per uno scontro diretto senza possibilità di appello: giù a capofitto tra i paletti, danzando come solo loro sapevano fare. All'inizioThoeni era in vantaggio, anticipando le porte con curve perfette. Ma Stenmark a metà discesa accelera, recupera, mette le punte davanti a quelle di Gustavo. Poi, improvvisamente, non controlla gli sci, perde l'equilibrio, esce di pista.
Gustavo Thoeni tagliò il traguardo preciso come la lama di un coltello nel burro. Era la quarta Coppa del Mondo, il canto del cigno che sanciva il passaggio di consegne. L'ultima vittoria di un campione straordinario, imbattibile quando l'unica strada percorribile era quella della vittoria. Al punto che anche Stenmark, il più grande di sempre, per tentare di batterlo era finito fuori pista.
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