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Questo articolo è stato pubblicato il 06 maggio 2011 alle ore 10:36.

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Riserve legate alla privacy e alle prestazioni dei servizi hanno convinto Wind a non adottare il cloud per il portale Libero, dopo un periodo di prova. Analoghe questioni stanno rimandando i piani di migrazione cloud di Snai, come affermato da Morgan Ricciardi, Cto e Cio dell'azienda. I laboratori farmaceutici Boiron hanno scelto invece una migrazione molto graduale, per questi motivi. Sono i problemi di flessibilità della nuvola, invece, a scoraggiare Seat Pagine Gialle dall'adottare questi servizi. L'accusa di scarsa flessibilità è variegata. I fornitori cloud non terrebbero in debito conto degli investimenti già fatti dalle aziende e quindi del parco informatico già installato. Tendono a proporre soluzioni che fanno tabula rasa dell'esistente e che sono poco personalizzabili dall'azienda. La scarsa flessibilità si traduce anche in un vendor-lock in: cioè nella difficoltà di lasciare un fornitore di servizi cloud computing passando alla concorrenza. Solo pochi fornitori (come Google) hanno politiche di "data liberation", per esempio, che consentono all'azienda di trasportare i propri dati da una nuvola all'altra.

Sono tutti aspetti che le aziende devono considerare – e di fatto lo stanno facendo – prima di passare al cloud computing, commisurandoli con i vantaggi della tecnologia. Il punto di arrivo è decidere se e per quali applicazioni adottarla.

LA PAROLA CHIAVE
Public cloud

Una rete di risorse e servizi erogati via web, accessibili contemporaneamente da più soggetti, anche se ognuno ha accesso solo alle proprie risorse e ai propri servizi. È in contrapposizione alla private cloud, che invece mette a disposizione per un unico soggetto tutte le risorse necessarie, costruendo di fatto un centro di calcolo ad hoc.

Le fragilità in otto punti
Scarsa personalizzazione.
Il servizio è molto standardizzato quindi offerto uguale a tante aziende diverse. Questo abbassa i costi dell'offerta ma riduce la possibilità di personalizzazione, con svantaggi per le aziende più esigenti.

Scarsa trasparenza dei contratti. Secondo Gartner, spesso i contratti sono poco trasparenti. I loro termini possono anche cambiare in corso d'opera e le clausole sono a volte poco dettagliate.
Impegni generici da parte dei fornitori. I fornitori a volte non chiariscono i termini di qualità, continuità di servizio e responsabilità in caso di problemi. Gli impegni sono a volte aleatori e le prestazioni possono deludere.

Ignorati gli investimenti pre-esistenti. I fornitori tendono a non tenere in debita considerazione gli investimenti già fatti dall'azienda in infrastrutture informatiche. Il passaggio al cloud può risultare in uno spreco di quanto già investito.

Timori privacy. I Garanti della Privacy europei avvisano sui rischi per la privacy dei dati gestiti in cloud. Consigliano di valutare per sapere in che modo i dati saranno trattati nei datacenter remoti, presenti in altri Paesi e sotto altre giurisdizioni.

Dubbi interoperabilità. Non ci sono standard di interoperabilità tra i servizi, ci si lega quindi a un fornitore ed è difficile cambiarlo. Difficile anche liberare i propri dati quando si vuole passare.

A rischio le marginalità. Il cloud trasforma i costi iniziali dell'informatica in costi di esercizio. Può quindi penalizzare la marginalità e quindi il giudizio finanziario sulle aziende quotate.

Tempi e costi del cambiamento. A volte le aziende sottovalutano i tempi e i costi della gestione del cambiamento, quando mettono in conto di passare al cloud. Bisogna migrare i servizi, formare il personale, adattare le logiche e i processi aziendali.

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