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Questo articolo è stato pubblicato il 10 dicembre 2011 alle ore 20:27.

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C'era una volta l'imprenditore che girava per le fiere con la sua valigetta. Oggi a viaggiare e a piazzare i prodotti è il suo avatar. E la valigetta è stata sostituita da internet. Che consente di raggiungere i clienti con tanto di filmati e simulazioni.

Il business delle fiere virtuali è alla base dell'avventura imprenditoriale di Marco Campanari, amministratore delegato della Hyperfair. Un mercato stimato in 18 miliardi di dollari entro i prossimi cinque anni (e del tutto inesplorato in Italia), sul quale Hyperfair si è lanciata realizzando una piattaforma tecnologica «addirittura unica al mondo per le possibilità operative e le opportunità offerte». A fine novembre Hyperfair è stata partner tecnologico di MhDays, esposizione virtuale dedicata al turismo, voluta dalla Regione Lombardia. Ora è impegnata nell'allestimento di Wired-up!, fiera online promossa dal distretto metalmeccanico lecchese.
Hyperfair nasce a Lecco nel dicembre 2009 su idea di Campanari e dell'amico Massimiliano Bonfanti, laureati in ingegneria al Politecnico di Milano. La prima sede è nell'acceleratore d'impresa del polo lecchese del Politecnico. Nell'estate 2010, il salto di qualità: «Entriamo in contatto con la Mind the bridge, fondazione americana attiva nella selezione e nella crescita di start up, che ci propone un periodo di sviluppo nella Silicon Valley. Abbiamo capito subito che non ce ne saremmo più andati». Oggi i 12 addetti della Hyperfair si dividono tra Lecco, dove è stata mantenuta la ricerca, e la sede di San Francisco, che si occupa di finanza, marketing internazionale, e che ha il compito di intercettare nuove idee e tecnologie.

L'obiettivo è arrivare nel 2013 a gestire un'ottantina di eventi.
Il cuore è la piattaforma predisposta per operare sul web, che ha richiesto un anno di lavoro e un milione di investimento. Oltre alla grafica in 3D, molto accattivante, l'innovazione principale è rappresentata dall'interattività combinata con la multiutenza: l'imprenditore, o meglio il suo avatar, può girare per gli stand, vedere quale è il più affollato, scegliere dove fermarsi. Una vera immersione nei padiglioni. Con la possibilità di parlare con chi si vuole, di scambiare biglietti da visita, di scaricare cataloghi e altro materiale. O, se si preferisce, di fare una conversazione più appartata, one-to-one, in chat o switchando su skype.

Le opportunità maggiori si aprono per gli espositori. Il più piccolo stand in qualsiasi fiera reale costa almeno duemila dollari. Allestire uno stand virtuale, personalizzato e arricchito, richiede una spesa cinque volte inferiore. Senza contare i risparmi di tempo. A quel punto, infatti, si opera seduti comodamente nel proprio ufficio. E attraverso il pc si dialoga con la clientela. «Noi non ci poniamo in alternativa alle fiere tradizionali – sottolinea Campanari – un buon contratto nascerà sempre da un rapporto personale. Vogliamo offrire qualcosa in più, una sorta di moltiplicatore di conoscenze e di contatti».

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