Più di 50 miliardi di crediti deteriorati lordi sono pronti a finire sul mercato nell’arco dei prossimi mesi: 51,4 , secondo il calcolo effettuato dal Sole 24 Ore limitandosi alle principali operazioni in fase di lancio. Operazioni studiate, talvolta annunciate ma finora ancora in gran parte incompiute. Perché c’è da costruire portafogli omogenei, definire l’impianto di operazioni comunque complesse, valutare le controparti migliori. E c’è da trovare il prezzo giusto, che soddisfi non solo il compratore ma anche l’acquirente.
La questione è spinosa e dibattuta, come ha dimostrato peraltro l’attenzione riservata al tema l’altroieri all’assemblea dell’Abi. Un dato è certo: non appena il mercato si metterà in moto potrà assumere dimensioni decisamente rilevanti, visto che oltre il 10% dei 375 miliardi di crediti deteriorati lordi che gravano sulle banche italiane risultano formalmente in vendita. «In questa fase ci sono due forze che stanno convergendo - osserva Andrea Mignanelli, ceo di Cerved credit management -: da un lato la pressione sempre più insistente dei regolatori, dall’altro c’è l’insieme delle iniziative che il Governo ha messo in piedi per agevolare non solo le cessioni ma anche i tempi e le modalità di recupero».
Il contesto normativo
Le cronache degli ultimi mesi, in effetti, parlano di una serie di provvedimenti che hanno capovolto il contesto regolatorio (tra i principali responsabili dei tempi lunghi di recupero, e quindi di deprezzamento dei crediti): prima la riforma della legge fallimentare, nell’agosto scorso, poi le Gacs a gennaio, il varo di Atlante e le nuove norme - dal pegno possessorio al patto marciano - per agevolare l’escussione delle garanzie. «Probabilmente nessuna di esse avrà un effetto determinante, ma si tratta di una serie di iniziative coerenti che a lungo andare avrà un effetto sul volume delle transazioni e sui prezzi».
È così che se «in questa prima metà del 2016 le transazioni sono state poche», come aveva osservato Riccardo Serrini, direttore generale di Prelios sul Sole di venerdì primo luglio, la pipeline non è mai stata carica come adesso: «Ho fiducia sul fatto che nella seconda metà dell’anno possa partire qualcosa, e non mi stupirei se a dicembre potessimo chiudere intorno a 15-20 miliardi di transazioni». Anche perché si osserva che si sta ampliando la platea dei compratori: accanto a Banca Ifis, che da anni fa la parte del leone, si stanno affacciando operatori come Algebris (dopo aver comprato 300 milioni di Sparkasse sta guardando Bper) e AnaCap, fresco acquirente da UniCredit.
Il cantiere Mps
Ci sono poi due partite che possono avere un effetto dirompente sul mercato, soprattutto per dimensioni. La prima si gioca intorno alla maxi-operazione che sta imbastendo il Monte dei Paschi di Siena: se, come sembra, si opterà per centrare in pochi mesi l’obiettivo di smaltimento posto dalla Bce (9,6 miliardi di esposizione netta) smobilizzando sole sofferenze, in ballo c’è la cessione di 26,6 miliardi di crediti deteriorati lordi. Un deal che, da solo, vale più di tutto il mercato 2015 degli Npl italiani, che - secondo i dati Cerved-PwC - ha toccato i 19 miliardi di asset trasferiti. Una prova per il mercato e in particolare per Atlante, con i suoi 2 miliardi scarsi rimasti in cassa, che - se si optasse per una o più cartolarizzazioni a tripla tranche - potrebbero anche rivelarsi sufficienti: il lavoro prosegue nel week end e a giorni si attendono dettagli, anche perché dalla struttura dell’operazione dipenderà anche il se e il quanto dell’aumento di capitale.
La bad bank
L’altro grande dossier è quello che riguarda i 9,5 miliardi di crediti deteriorati in pancia alla Rev, la bad bank di sistema che ha ricevuto in dote 8,5 miliardi di Banca Marche, Etruria, Carife e CariChieti, a cui si è aggiunto un altro miliardo smobilizzato dalle quattro good bank. Il recente cambio del cda - che ora comprende Maria Teresa Bianchi Salvatore Immordino e Andrea Resti - dovrebbe consentire di riprendere un processo di cessione che formalmente non ha scadenza ma dovrebbe chiudersi al più presto, visto che le (auspicate) plusvalenze contribuiranno a compensari eventuali minusvalenze derivanti dalla vendita delle good banks.
Se da Bper, come ha confermato venerdì il ceo Alessandro Vandelli, ci si attende un annuncio a breve, il mercato guarda con particolare attenzione anche a Banco-Bpm (nel piano ci sono cessioni per 8 miliardi), a Carige, Popolare Bari (che dovrebbe fare da apripista sulle Gacs) nonché a UniCredit: nel nuovo piano targato Mustier è probabile che il capitolo Npl abbia il suo peso.
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