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Commercio internazionale, buone le prospettive per il post pandemia

Dopo il lockdown l’interscambio commerciale con l’estero è tornato a crescere. La minaccia? La carenza di materie prime

Secondo Istat, nei primi otto mesi del 2021 la crescita tendenziale dell’export è stata del 22,3%. I numeri mostrano come gli incrementi maggiori abbiano riguardato le vendite verso Germania (+18,0%), Stati Uniti (+16,9%), Francia (+11,7%) e Belgio (+30,9%). Risulta in contrazione soltanto l’export verso Paesi ASEAN (-4,7%), Svizzera (-1,3%) e Giappone (-3,6%).

Un aumento tendenziale, sottolinea l’istituto nazionale di statistica, riconducibile in particolare alle buone prestazioni dei comparti metallurgia (+34,4%), meccanica (+21,5%), autoveicoli (+38,6%) e altri mezzi di trasporto (+33,6%).

Dati positivi, che fanno eco a quelli che si registravano prima dello stop imposto dal lockdown. Il “Rapporto ICE 2019-2020 – L’Italia nell’economia internazionale”, realizzato da Prometeia per conto del Ministero per gli Affari Esteri, afferma infatti che l’export del nostro Paese aveva registrato l’anno precedente all’arrivo del Covid-19 una crescita del 2,3%, per un valore complessivo di 476 miliardi di euro. Un incremento che aveva riguardato soprattutto il settore farmaceutico (+25,6%), le bevande (+6,8%), il sistema moda (+6,2%) e la metallurgia (+5,3%). Tra le regioni, erano la Toscana (+15,6%) e il Lazio (+15,3%) quelle interessate dagli aumenti maggiori.

Il 2021 ha visto una ripartenza per le imprese italiane e per le vendite sui mercati esteri. Un quadro positivo che rischia, però, di essere compromesso dalle difficoltà di approvvigionamento delle materie prime che si stanno registrando in questi mesi. E che trovano un primo riflesso nell’aumento dei prezzi all’importazione dell’1,2% su base mensile e del 10,5% su base annua, come segnalato da Istat a luglio 2021. Un incremento che sta avendo pesanti ripercussioni sul sistema produttivo e, in prima battuta, sulle piccole e medie imprese. A lanciare l’allarme è Cna Veneto, che già nel giugno scorso segnalava il notevole aumento delle quotazioni dei metalli industriali.

Una strategia per fronteggiare questa minaccia è rappresentata dalle reti di impresa. Oltre il 30% delle aziende che si uniscono, nel giro di tre anni, cresce in termini di fatturato, di numero di addetti, di valore della produzione e di redditività. Ad affermarlo è il secondo Rapporto dell’Osservatorio nazionale sulle reti d’impresa realizzato da Infocamere, RetImpresa e Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Secondo questo studio, a fine 2020 erano 6.657 le reti registrate in Italia, con oltre 38mila imprese coinvolte. Di queste, il 22% erano piccole e medie imprese. Quella di associarsi può dunque essere una strategia vincente per le PMI che vogliono affacciarsi o consolidare la propria posizione sui mercati internazionali.

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