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Dal Recovery Plan 11 miliardi per portare la ricerca in azienda

Potenziamento del trasferimento tecnologico, 5mila borse di dottorato e incentivi all’assunzione per 20mila ricercatori, macro-poli R&S su tecnologie d’avanguardia a servizio dell’industria. Il Pnrr punta a rilanciare l’innovazione in Italia.

Sostenere gli investimenti in ricerca e sviluppo, promuovere la diffusione delle tecnologie, rafforzare le competenze: sono le tre linee di indirizzo definite dal governo nel Recovery Plan – Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per potenziare il trasferimento tecnologico dal mondo accademico a quello dell’impresa.

Uno sforzo pari a 11,44 miliardi di euro che guarda a un futuro in cui l’innovazione dovrà essere sempre più centrale nello sviluppo economico del Paese.

Le risorse saranno impiegate sia a favore della ricerca di base sia di quella applicata, nel tentativo di conciliare l’esigenza di avanzamento scientifico con quella di miglioramento della competitività del sistema industriale.

A livello accademico, si punta a finanziare 5.350 progetti da qui al 2026, oltre che a sostenere il lavoro di 2.100 giovani ricercatori.

Di particolare interesse per il mondo imprenditoriale è la creazione di “campioni nazionali di R&S”, strutture che si concentreranno su alcune Key Enabling Technologies in settori come la simulazione avanzata e i big data, l’ambiente e l’energia, il quantum computing, il biopharma, l’agritech e il fintech. Questi poli d’innovazione lavoreranno in collaborazione con il mondo universitario e con quello industriale e saranno strutturati secondo il modello “hub and spoke”, prevedendo, cioè, la centralizzazione delle attività amministrative e il parziale decentramento di quelle di ricerca.

Una voce di spesa pari a due miliardi di euro mira a rafforzare la propensione all’innovazione da parte del mondo produttivo. Duecento milioni serviranno a sostenere progetti che possano partecipare al programma Horizon Europe. Queste risorse saranno distribuite attraverso il Fondo per la crescita sostenibile e saranno destinate ad imprese e centri di ricerca. La stima è quella di coinvolgere circa 200 aziende, portando nel 2026 gli investimenti privati in quest’ambito a 286 milioni di euro rispetto ai 23 attuali.

Nello stesso capitolo di spesa rientrano anche 350 milioni che il governo intende investire per potenziare i centri di trasferimento tecnologico al fine di superare le problematiche riscontrate nel contesto attuale, come la bassa propensione alla cooperazione fra imprese ed università, la scarsa attrattività dei centri esistenti, la frammentazione del sistema e la mancanza di una governance chiara. L’obiettivo, attraverso un percorso di riorganizzazione e razionalizzazione, è quello di arrivare a costituire una rete di 60 centri incaricati di offrire servizi innovativi di trasferimento tecnologico. La prospettiva è quella di un aumento del valore del servizio offerto pari al 140%.

Altri 2,5 miliardi di euro sono destinati al potenziamento delle condizioni di supporto alla ricerca e all’innovazione. Si tratta, in prima battuta, di costituire un fondo con una dotazione di 1,6 miliardi per finanziare la creazione o il rafforzamento di 30 infrastrutture di R&S, promuovendo una combinazione di investimenti pubblici e privati. Prevista anche l’integrazione di 300 milioni delle disponibilità del Fondo nazionale per l’innovazione, soldi destinati al sostegno alle start-up. Grazie a queste risorse, si potranno sostenere 250 Pmi innovative, con un finanziamento medio pari a 1,2 milioni di euro.

Infine, 600 milioni saranno destinati alla creazione di dottorati di ricerca che rispondano ai fabbisogni di innovazione delle imprese e che favoriscano poi l’assunzione dei ricercatori da parte delle aziende. Si prevede l’attivazione di 5mila borse di dottorato per 3 anni, con l’incentivo all’assunzione di 20mila assegnisti. È anche grazie a loro che il Pnrr potrà favorire un efficace trasferimento tecnologico dall’università al tessuto produttivo.

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