La segnalazione è sul sito della radio “Eco di Mosca”. In due supermercati della capitale hanno trovato alcuni prodotti con un'etichetta: «Attenzione! Questo articolo è stato prodotto sul territorio di un Paese che conduce una politica ostile alla Russia». In un caso la Finlandia, nell'altro la Polonia.
I dirigenti del supermarket si sono affrettati a dichiarare che le etichette erano state attaccate sulle confezioni da estranei, ma l'episodio è indicativo del clima generato dalle sanzioni internazionali contro la Russia - scattate nel 2014 con la crisi ucraina e subito seguite dalla risposta russa, l'embargo su una serie di generi alimentari americani ed europei. Una situazione che Stati Uniti e Unione Europea non intendono sbloccare in mancanza di progressi concreti nella definizione del conflitto ancora irrisolto nell'Ucraina dell'Est: ma su questo fronte molti si attendono grossi cambiamenti a causa della svolta in corso a Washington, anche se il futuro rapporto tra il Cremlino e la nuova amministrazione Trump - e le ripercussioni sul legame Russia-Ue - resta tutto da definire.
Nell'attesa, i settori più colpiti dal confronto commerciale scatenato dalle sanzioni seguitano a ricordare l'entità del danno che, per le esportazioni italiane, si traduce in una perdita stimata da Coldiretti a 7,5 miliardi di euro in due anni. Il risultato della chiusura delle frontiere russe a frutta e verdura, carne e salumi, pesce e formaggi, tenendo conto che le tensioni hanno influenzato anche i settori non coinvolti direttamente: così che in questo periodo hanno registrato perdite anche gli altri punti forti della presenza italiana in Russia, tessile e mezzi di trasporto, meccanica e semilavorati.
E tuttavia, presentando i dati relativi all'interscambio tra Italia e Russia nel primo semestre 2016, l'Ufficio Ice di Mosca fa notare come proprio nell'agroalimentare si stia registrando un dato in controtendenza, un aumento delle importazioni dall'Italia del 10,2% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Forse un segnale di ripresa dall'economia russa, come anche il risultato dell'attenzione particolare rivolta ai generi alimentari esclusi dalle sanzioni come vino, olio, pasta, caffè.
Quello che conta, ricorda la comunità italiana presente in Russia, è continuare a cercare le strade per mantenere o rafforzare il legame, malgrado le sanzioni. «Non dobbiamo pensare di affidare tutto alla politica, aspettando che le istituzioni riannodino il dialogo politico - dice Vittorio Torrembini, vicepresidente dell'Associazione imprenditori italiani in Russia (GIM-Unimpresa) -: nel frattempo noi siamo sempre lì, le nostre aziende non scappano. Anche stringendo la cinghia, ma continuando a lavorare».
Sempre di più, accanto all'export, si vuole attirare l'attenzione sul nuovo modello di cooperazione industriale che la Russia si vuol dare per ridurre la dipendenza dall'estero, ed essere meno vulnerabile in regime di sanzioni. Nel tentativo di sviluppare la produzione nazionale non esclude un ruolo per gli stranieri, invitati a contribuire allo sviluppo - con tecnologie che ancora in Russia mancano - e a trasferire la propria produzione: dal “made in Italy” al “made with Russia”.
«La strada è la localizzazione - spiega Luca Picasso, direttore generale di Confindustria Russia intervenuto di recente a Milano a un incontro sulle Zone economiche speciali organizzato con Assolombarda e Livolsi-Conforti&Partners -. L'export tradizionale è finito. Il mercato in Russia va affrontato con un progetto di produzione locale». Appoggiandosi al nuovo contratto di investimento, lo strumento voluto dalle autorità russe per offrire condizioni favorevoli a chi accetta di restare per il lungo termine, di garantire una presenza costante contribuendo alla creazione di posti di lavoro. Secondo Confindustria Russia, la strada preferibile è quella dell'identificazione di un partner industriale russo che accompagni la localizzazione, «qualcuno che abbia già a disposizione infrastrutture, terreni, servizi, contratti con i clienti».
Tra le possibilità, quella di inserirsi nella realtà di una delle Zes, le zone economiche speciali, nate per agevolare l'attività delle aziende residenti, dalla burocrazia alle agevolazioni fiscali, dalle garanzie giuridiche alla disponibilità delle risorse umane. Come consulenti, nota Alberto Conforti, managing partner di Livolsi-Conforti&Partners, registriamo un dato interessante: «Abbiamo iniziato a presentare il contratto di investimento e il nuovo modello di cooperazione Italia/Russia in aprile. Siamo stati sorpresi positivamente dall'interesse delle aziende italiane». Forse un segnale che il cambiamento di mentalità richiesto dalla localizzazione è stato avviato.