Meno tasse, pensioni da rivedere, stop alle grandi riforme: i Beatles furono i liberisti degli anni Sessanta
Cinquant'anni fa i Beatles presero gli Usa, passaggio fondamentale per la successiva conquista – musicale, culturale e di costume – dell'intero pianeta. Il 9 febbraio del 1964 apparvero per la prima volta al popolarissimo Ed Sullivan Show: l'America si fermò, cosa che era accaduta soltanto per l'omicidio di Jfk pochi mesi prima e si sarebbe verificata ancora, cinque anni più tardi, con l'allunaggio
di Francesco Prisco
4. Beatles economisti / Rivoluzione sì, ma fino a un certo punto

Terza lezione liberista dei Beatles, il brano «Revolution» in cui John Lennon in pieno '68 si rivolgeva ai tanti rivoluzionari della domenica che affollavano il mondo. «Tu dici che vuoi la rivoluzione/ ebbene, sappi/ che anche noi vogliamo cambiare il mondo». Però spieghiamoci meglio: «Tu dici che cambierai la Costituzione/ ebbene, sappi/ che noi vogliamo cambiare la tua testa». Perché «se vai in giro con i ritratti del presidente Mao/ ebbene, sappi che non convinci nessuno». Una specie di manifesto realista, all'insegna del principio «il sistema non va abbattuto, ma cambiato dall'interno», che per Irwin può essere applicato a tutti i temi caldi dell'America dei tempi di Obama. Dalla riforma sanitaria alla nazionalizzazione delle banche. Indurrebbe a contare almeno fino a cento prima di arrivare a parlare di riforme. Chissà cosa ne avrebbe pensato quel sognatore di Lennon, in prima fila nei cortei dei Seventies a gridare «Power to the People».
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