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Questo articolo è stato pubblicato il 17 novembre 2012 alle ore 18:00.

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Un razzo intercettore sparato da un Iron Dome nel sud di Israele (Reuters)Un razzo intercettore sparato da un Iron Dome nel sud di Israele (Reuters)

Gli sporadici lanci di razzi iraniani Fajr-5 contro Gerusalemme e Tel Aviv costituiscono una notizia al tempo stesso buona e cattiva per Israele. L'aspetto preoccupante è rappresentata dal fatto che Hamas e la Jihad Islamica palestinese dispongono ancora di questi razzi a lungo raggio, imprecisi ma in grado di colpire fino a 75 chilometri di distanza. I primi raids aerei israeliani nei giorni scorsi hanno preso di mira proprio i depositi di Fajr-5 segnalati dalla ricognizione aerea e soprattutto dagli informatori palestinesi dell'intelligence di Gerusalemme.

La notizia positiva è che di questi razzi non devono esserne rimasti molti a giudicare da come i lanci vengono centellinati dai palestinesi in un contesto che vede invece un intenso impiego di ordigni più piccoli e con minore gittata, dagli artigianali Kassam (5/12 chilometri di raggio d'azione) ai Grad da 122 millimetri (20/40 chilometri a seconda delle versioni). In tre giorni di conflitto infatti Hamas e i suoi alleati hanno già lanciato contro Israele circa 600 razzi cioè lo stesso numero di ordigni che impiegarono nei 24 giorni dell'operazione "Piombo fuso", tra il dicembre 2008 e il gennaio 2009. Un dato che la dice lunga sul riarmo effettuato da Hamas in questi anni grazie agli amici iraniani e sudanesi ma anche grazie all'aiuto dei trafficanti che hanno fatto arrivare a Gaza molte armi prelevate dai depositi di Gheddafi durante la guerra civile libica.

Circa un terzo dei razzi lanciati da Gaza è stato intercettato dal sistema di Difesa Iron Dome e si trattava certamente degli ordigni che avrebbero provocato più danni e vittime poiché il radar dello "scudo" israeliano calcola la traiettoria del razzo valutando se intercettarlo per evitare che cada in aree abitate o lasciarlo andare se destinato a colpire zone disabitate. Non si tratta solo di sofisticazione tecnologica ma di una forma di risparmio non indifferente poiché Il gioiello tecnologico realizzato dalle aziende israeliane Elta e Rafael (con un contributo finanziario statunitense pari a 275 milioni di dollari) utilizza un missile intercettore Tamir molto rapido e preciso ma che costa circa 30 mila dollari a esemplare e viene utilizzato solitamente per distruggere razzi del valore di poche migliaia di dollari, a volte anche meno come nel caso dei rudimentali Kassam prodotti con 800 dollari al pezzo.

L'Iron Dome è operativo da oltre un anno lungo i confini con Gaza e con il Libano (a difesa dai razzi di Hezbollah) ma in queste ore una batteria è stata spostata nell'area metropolitana di Tel Aviv. Le iniziative militari israeliane non sono certo solo difensive. Oltre al migliaio di missioni aeree effettuate su Gaza si infittiscono i segnali che indicano l'imminenza di un'offensiva terrestre contro Gaza. Il comando militare israeliano ha avvertito la popolazione del sud a prepararsi ad almeno sette settimane di battaglie, una tempistica compatibile con una lunga e meticolosa campagna terrestre tesa a smantellare le capacità militari dei gruppi armati palestinesi presenti a Gaza. La mobilitazione iniziale di riservisti, 16 mila richiamati in servizio più altri 14 mila in preallarme, poteva risultare compatibile con un'operazione ad ampio respiro nella Striscia di Gaza.

L'annuncio di una mobilitazione ampliata a 75 mila riservisti cambia però la valutazione sulle possibili opzioni militari di Israele. Certo potrebbe trattarsi di un bluff per impressionare i palestinesi e soprattutto gli egiziani sempre più palesemente schierati con Hamas ma la mobilitazione di così tanti riservisti fa pensare che Israele si prepari a una guerra vera e propria più che a un'operazione a Gaza. Basti pensare che quattro anni or sono per l'operazione "Piombo Fuso" vennero richiamati 10 mila riservisti mentre nel 2006 la campagna nel sud del Libano ne vide mobilitati beh 60 mila. Secondo la Jihad islamica le minacce di Israele di lanciare un'incursione terrestre a Gaza e la decisione di richiamare 75.000 riservisti sono azioni di guerra psicologica ma anche questa valutazione, rilasciata dall'alto esponente della Jihad Ahmad al Mudallal all'agenzia iraniana Fars, potrebbe indurre Gerusalemme a cogliere di sorpresa gli avversari. Penetrando in forze a Gaza e rinforzando le postazioni al confine col Sinai egiziano a scopo di deterrenza contro eventuali iniziative militari del Cairo.

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