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Questo articolo è stato pubblicato il 20 gennaio 2013 alle ore 14:08.
La tensione intorno al caso dell'Ilva non si placa. Anzi, ogni giorno che passa – nonostante i richiami alla necessità di trovare un equilibrio responsabile tra i diritti al lavoro e alla salute – la situazione sembra peggiorare. E non solo perché si butta benzina sul fuoco, per esempio con la goffa idea del referendum consultivo con i cittadini di Taranto su che fare dell'acciaieria.
La situazione è davvero critica e rischia di precipitare da un momento all'altro. Ieri, l'azienda ha detto chiaramente che non è in grado di pagare gli stipendi se non vengono sbloccati i prodotti finiti sotto sequestro. Lo sciopero è stato revocato, ma il timore che nella città pugliese esploda la "polveriera sociale" c'è; il prefetto ha nuovamente riconvocato i vertici delle forze dell'ordine. In Procura studiano le mosse, ma ormai è chiara la linea rigida di non ragionevolezza. Purtroppo sono in gioco non solo una città e i suoi operai, ma l'intera industria italiana. Bene che il ministro Clini si dichiari pronto a intervenire: il Governo non perda d'occhio neanche per un istante la vicenda e trovi una strada rapida con cui venirne fuori. Per il bene di tutti.
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