La sentenza n.1/2014 in pillole: autoapplicativa, fissa i paletti e apre ai "listini"
Davvero una pronuncia "pesante", la prima del 2014 depositata dalla Corte costituzionale, chiamata a decidere la legittimità costituzionale della legge elettorale n. 270/2005, il cosiddetto "Porcellum", in seguito al ricorso di un avvocato (del 2009) e un atto di rimessione alla Consulta (del 2013) da parte della Cassazione sulla possibile lesione al diritto di voto dei cittadini. La sentenza, destinata a rappresentare un leading case nella giurisprudenza costituzionale, cancella i premi di maggioranza (a livello nazionale per la Camera, a livello regionale per il Senato) previsti dal "Porcellum e dichiara l'illegittimità delle norme elettorali nella parte in cui impongono liste bloccate senza permettere al cittadino-elettore di esprimere una preferenza. Ma vediamo i dettagli.
di Vittorio Nuti
8. Norme "residue" comunque in grado di eleggere un nuovo Parlamento…

La sentenza n.1/2014 è autoapplicativa, e non priva l'Italia di una norma di riferimento per le eventuali elezioni. Infatti, «La normativa che resta in vigore per effetto della dichiarata illegittimità costituzionale» del Porcellum – in pratica, un sistema di elezione con criterio proporzionale puro e senza premio di maggioranza - è «complessivamente idonea a garantire il rinnovo, in ogni momento, dell'organo costituzionale elettivo», così come richiesto dalla «costante giurisprudenza» della Consulta (da ultimo, sentenza n. 13/ 2012). Per i giudici, infatti, le leggi elettorali sono «costituzionalmente necessarie», in quanto «indispensabili per assicurare il funzionamento e la continuità degli organi costituzionali», e permettono di scongiurare l'eventualità di «paralizzare il potere di scioglimento del Presidente della Repubblica previsto dall'art. 88 Costituzione».
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