«Mio padre nella storia del processo di Bologna ha sempre mentito». Lo ha rivelato, in un'intervista esclusiva al Gr1, Stefano Sparti, figlio di Massimo Sparti, il pentito, testimone principale dell'accusa nel processo di Bologna, che ha inchiodato Francesca Mambro e Valerio Fioravanti. «Mio padre - ha spiegato Stefano Sparti - ha sempre affermato di essere a Roma due giorni dopo la strage di Bologna per ricevere la richiesta di documenti falsi da parte di Fioravanti e Mambro. In realtà eravamo tutti a Cura di Vetralla, vicino Viterbo, nella nostra casa di campagna, pronti a partire per le vacanze, nei giorni precedenti, nei giorni successivi e nel giorno stesso della strage».
Nella strage di Bologna, il 2 agosto 1980, 23 kg di tritolo contenuti in una valigetta che esplodono alle 10.25 nella sala d'aspetto di seconda classe della stazione ferroviaria, morirono 85 persone, oltre 200 feriti. E' stata la più grave strage della storia della Repubblica italiana, l'unica per la quale siano stati inviduati dei colpevoli. Sulla base di un processo indiziario, senza prove certe.
Delinquente comune, neofascista, legato a suo tempo alla Banda della Magliana, Massimo Sparti viene arrestato il 9 aprile del 1981. Due giorni dopo il suo arresto Sparti si pente. L'accusa basa tutto il suo impianto accusatorio sulla sua testimonanza. Al processo per la strage Sparti dichiara che il 4 agosto 1980, due giorni dopo la strage di Bologna, Valerio Fioravanti si sarebbe recato con lui dal falsario Fausto de Vecchi, dove avrebbe commentato i fatti di Bologna con la frase: "Hai visto che botto". Un'affermazione che secondo l'accusa avrebbe alluso chiaramente alle sue responsabilità nella strage. Sulla base di questa testimonianza vengono condannati per la strage Fioravanti, Mambro e Luigi Ciavardini.
Sparti, dopo avere accusato i due terroristi, viene scarcerato nel maggio del 1982 perché gli viene diagnosticato, dai sanitari del penitenziario di Pisa un La stazione di Bologna dopo la strage (ANSA)tumore al pancreas.

Un testimone "miracolato". Massimo Sparti, secondo il racconto del figlio, avrebbe mentito anche sulla sua malattia, un tumore al pancreas che gli permise di uscire di galera nel 1981. «Mio padre - ha dichiarato Stefano Sparti - si è sempre vantato, di fronte a noi, con altre persone, di avere le lastre di un'altra persona, relative a una malattia che in realtà lui non aveva, cioè il tumore. Un'altra cosa a cui aveva fatto più volte riferimento è che aveva trovato una via per riuscire ad avere in carcere anfetamine così da simulare il dimagrimento da tumore».
Nel 1981 i medici dell'ospedale penitenziario di Pisa certificano che Sparti è un malato terminale e gli viene concessa dai magistrati di Bologna la libertà provvisoria.
Nonostante la diagnosi - tumore al pancreas allo stadio terminale - Sparti rifiuta qualsiasi tipo di terapia, in particolare quella chirurgica. Una volta dimesso e scarcerato, torna a Roma e il 6 marzo 1982 è ricoverato all'Ospedale San Camillo.
Dopo circa un mese di accertamenti, Sparti viene operato per una laparotomia esplorativa: «Negativa l'esplorazione dello stomaco, duodeno, fegato e pancreas». Il tumore è sparito. Nel maggio del 1997, quando i carabinieri vanno al San Camillo per acquisire la cartella clinica di Sparti, su ordine del pubblico ministero di Bologna, scoprono che la cartella è andata distrutta a seguito di un incendio scoppiato il 20 settembre 1991 proprio nell'archivio del nosocomio.
Stefano ha quindi raccontato di essere andato a trovare il padre in una clinica, tre giorni prima che morisse, perché voleva «chiudere il cerchio»: «Quando gli chiesi come mai si fosse infilato in quella situazione mi disse 'mi dispiace ma non potevo fare altrimenti'».
Quanto al perché non abbia rivelato prima tutto ciò ai magistrati, Stefano Sparti ha risposto: «Sto pensando di andare sinceramente. Non che questo possa cambiare la situazione perché ho visto come sono state trattate le tre persone che hanno sempre detto la verità: mia madre, mia nonna e la tata. Non sono mai state credute».

 

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