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Sul deficit Eurogruppo e regole Ue a rischio credibilità

di Antonio Pollio Salimbeni

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6 luglio 2007


BRUXELLES - Metà pieno, metà vuoto. La storia del solito bicchiere può applicarsi perfettamente al patto di stabilità e di crescita. Rese "intelligenti" con la riforma di due
anni fa, le regole europee delle politiche di bilancio sono già entrate in crisi almeno per un buon cinquanta per cento. Ed è bastato perché i 'guardiani europei', la Commissione e la Bce, e anche qualche governo (innanzitutto quello tedesco) abbiano alzato i cartellini rossi. Non solo: con la decisione francese di far slittare di due anni l'equilibrio di bilancio - e dell'Italia di rallentare il consolidamento dopo il successo nella discesa del deficit/pil sotto il 3% - è a rischio credibilità anche l'Eurogruppo.

Cominciamo dal 'patto'. E' indubbio che il livello del deficit pubblico nell'unione monetaria non desta in quanto tale preoccupazione: dal 3% nel 2003 si è passati all'1,6% nel 2006, all'1,4% quest'anno e sarà all'1,1% nel 2008. Ci sono, però, dei problemi: il primo è che il consolidamento si è fondato più sulle maggiori entrate che non sui tagli di spesa; il secondo è che il suo ritmo sta perdendo forza, in un certo numero di paesi le maggiori entrate vengono utilizzate per incrementi di spesa e non per accelerare la riduzione del deficit. In sostanza, non si sta sfruttando il buon andamento dell'economia in modo da avere più margini di manovra quando il ciclo
peggiorerà.

I risultati rischiano di essere diversi dalle previsioni perché, a fronte di una Germania virtuosa che dovrebbe ridurre il deficit più di quanto previsto (da 1,2% a sotto l'1%), c'è una Francia che si appresta a una pausa di un anno (2,5% nel 2007 e 2,5% nel 2008) e non raggiungerà l'equilibrio di bilancio nel 2010. E c'è un'Italia che peggiora l'obiettivo quest'anno dal 2,3% al 2,5% e lo migliora l'anno prossimo in misura limitatissima dal 2,3% al 2,2%.

Ha bisogno l'economia di una spinta, di essere "sbloccata" aumentando un poco il deficit pubblico, come pensa la neoresponsabile delle finanze francesi Christine Lagarde? Dai numeri non si direbbe. Come viene rilevato nell'ultimo rapporto trimestrale della Commissione europea tre fattori convergenti indicano che l'eurozona si trova in "good times" e non in "bad times": la crescita del pil reale è stata del 2,7% nel 2006 e nel 2007 e 2008 resterà sopra il potenziale rispettivamente a 2,6% e 2,5% (contro un
potenziale attorno al 2%); il mercato del lavoro migliora con due milioni di nuovi posti di lavoro nel 2006 e la disoccupazione è al minimo degli ultimi dieci anni (7%); le entrate fiscali sono aumentate negli ultimi due anni più velocemente del pil nominale.

Quanto a Francia e Italia, la stima della Commissione europea indica per la prima una crescita del pil a quota 2,4% e 2,3% in entrambi gli anni (a fronte di una crescita potenziale dell'1,9%); per la seconda quest'anno +1,9% e l'anno prossimo +1,7% a
fronte di una crescita potenziale dell'1,3%. Il patto di stabilità riformato prevede "deviazioni temporanee" dagli obiettivi di consolidamento in presenza di riforme strutturali che abbiano "effetti diretti di riduzione dei costi a lungo termine
(incluse le misure che aumentano la crescita potenziale) e perciò un impatto verificabile sulla sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche" con attenzione speciale alle pensioni.

I margini per un uso non legalistico delle regole europee, dunque, ci sono. A essere contestato è l'orientamento pro-ciclico delle politiche di bilancio, sulla scia di quanto accadde nel 1999-2000 quando le entrate fiscali inattese vennero utilizzate
per aumentare le spese e ridurre le imposte (per cui in una fase congiunturale difficile i deficit schizzarono oltre il 3% del pil in molti paesi). Si teorizza bene e si pratica male. L'obiettivo annunciato dai ministri dell'economia due mesi e mezzo fa a Berlino, e cioè "utilizzare la fase benigna di crescita per accelerare il ritmo di riduzione di deficit e debito" e avere un bilancio in equilibrio entro il 2010, viene di fatto smentito.

Le conseguenze a breve non saranno drammatiche. Per esempio non ci sono alle viste ritocchi al ribasso del rating del debito sovrano dei paesi in questione.
Quantomeno, però, si è materializzato il dubbio (o la quasi certezza) che ciò viene deciso (informalmente) dall'Eurogruppo può essere smentito (formalmente) con
molta facilità la settimana successiva. Bisognerà ricordarsene quando si contesta alla Bce di tutto fare e disfare senza tener conto dei contrappesi politici.

I precedenti
Ue: effetto Sarkozy su conti pubblici e difesa imprese nazionali (29/06/2007)
Pensioni: l'Ecofin in lotta contro la disinformazione (22/06/2007)
Francia: l'Iva sociale che puo' dividere l'eurozona(15/06/07)
Germania: cinque motivi per non rallentare le riforme(08/06/07)
Eurogruppo: coordinamento economico alla prova(01/06/07)
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