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Concorrenza: attacco concentrico
alla Ue su banche, energia e tlc

di Antonio Pollio Salimbeni

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1 febbraio 2008

Tempi duri per la concorrenza in Europa e per la Commissione costretta a fronteggiare crescenti pressioni da parte di governi dei paesi forti e di settori economici potentissimi per smussare gli angoli della legislazione comunitaria, limitare la portata delle innovazioni nelle regole di mercato in settori come energia, telecomunicazioni. E anche per le banche si è riattizzata la polemica. Ultimo in ordine di tempo il no preventivo del governo di Parigi a soluzioni non francesi per salvare Société Générale travolta dalla maxitruffa. Al grido ‘resterà una banca francese' (il premier Fillon), Bruxelles ha reagito avvisando che le regole sulle Opa valgono per tutti gli stati, non sono principi ‘à la carte'. Scambio normale di battute, si dirà, ma la tensione tra le due capitali è improvvisamente risalita essendo mezza Europa bancaria in corsa per l'opa dell'anno. Oltretutto, recentemente la Commissione europea ha sbarrato la strada all'idea francese di definire una lista preliminare di settori strategici (diversi dalla difesa) per i quali sarebbe necessaria una autorizzazione governativa in caso di investimenti stranieri indesiderati. Parigi farebbe male a prendere sottogamba l'avvertimento comunitario perché negli ultimi due anni la Commissione ha bloccato diverse azioni protezionistiche nel settore bancario in nome della libera circolazione dei capitali. L'Italia al tempo del governatore Fazio e la Polonia ne sanno qualcosa. Sta di fatto che la pressione è fortissima e sulle stesse posizioni della Francia si trova la Germania. Anche a Berlino, sull'onda dei timori per le incursioni dei fondi sovrani (russi, cinesi, delle petromonarchie), si vorrebbe definire una lista di settori strategici da difendere in caso di investimenti stranieri giudicati rischiosi per la sicurezza economica nazionale. E l'Antitrust europeo sta seguendo con molta attenzione il caso delle due banche tedesche nei guai per la crisi ‘subprime', la Ikb e la SachsenLB per la quale il Land della Sassonia si è reso garante per 2,75 miliardi di euro. Bruxelles vuole verificare che non si tratti di un aiuto di stato illegale. Poi ci sono le nuove regole per l'energia (elettricità e gas) e le telecomunicazioni. L'anno scorso la Commissione europea, per lungo tempo accusata di pavidità e candida propensione al temporeggiamento, ha proposto formalmente ai governi una riforma radicale di questi due mercati prevedendo la possibilità di separazione delle attività di produzione (nell'energia) e dei servizi (tlc) dalle reti di trasporto o accesso. Separazione anche della proprietà degli operatori nel caso dell'energia, funzionale nel caso delle tlc date certe condizioni di concorrenza. Ora cominciano a vedersi i frutti dello sbarramento posto da diversi governi e dall'industria dei grandi gruppi integrati nonostante nell'energia la separazione proprietaria delle reti sia fenomeno esteso (esiste in otto paesi nel settore gas, non in Italia là dove Eni controlla SnamReteGas; in tredici tra cui l'Italia nel settore elettrico) e nelle tlc il modello britannico con la divisione di British Telecom in Bt e Open Reach faccia scuola per i paesi nordici e l'Italia. Sull'energia otto governi capeggiati da Francia e Germania (l'Italia non fa parte del gruppo ma ha visto di buon occhio l'iniziativa) hanno liquidato la proposta rimpiazzandola con un'altra limitata alla separazione delle funzioni che esclude la separazione proprietaria delle reti, considerata illegale e sproporzionata. Vista l'impossibilità di raggiungere un consenso, la Commissione ha già ceduto le armi indicando che si tratta di una buona base per un accordo. L'Europarlamento ha cominciato invece il fuoco di sbarramento sulla riforma delle tlc: in nessuno dei grandi gruppi politici (popolari, socialisti e liberaldemocratici) passa l'idea di affidare alla Commissione il potere di veto sulle decisioni prese dalle autorità nazionali di regolazione. Alla possibilità che le autorità nazionali decidano di dividere gli operatori che controllano le infrastrutture di rete in due società, una per il business operativo l'altra per la gestione della rete, si preferisce solo qualche aggiustamento. C'è troppa regolazione in Europa, si dice, non è il momento di appesantirla tanto più spostandone il baricentro a Bruxelles.

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