La rivolta di Rosarno comincia a vedere giustizia. Ieri, infatti, sono scattati 30 arresti: l'accusa della procura di Palmi è di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della manodopera clandestina straniera e truffe. Nove persone in carcere, 21 ai domiciliari. Impegnati Polizia di stato, Carabinieri e Guardia di finanza, al lavoro subito dopo la ribellione degli immigrati del 17 gennaio scorso.

Quel giorno, ha chiarito il questore di Reggio Calabria, Carmelo Casabona, «non vi fu un'esplosione di razzismo ma una ribellione contro lo sfruttamento da parte degli extracomunitari». Dalle testimonianze di 15 stranieri che lavoravano nella piana di Gioia Tauro è emerso che i braccianti stranieri impiegati a Rosarno nella raccolta degli agrumi percepivano 22 euro al giorno per lavorare dalle 10 alle 14 ore. I datori di lavoro pagavano un euro a cassetta per la raccolta dei mandarini e 50 centesimi per le arance. I caporali, a loro volta, incassavano la somma di 10 euro su ogni lavoratore e tre euro da ogni immigrato per accompagnarli nei luoghi di lavoro. Chi si ribellava a queste condizioni era minacciato di morte e spesso aggredito. In più, condizioni disumane per gli alloggi dei lavoratori: nella piana di Gioia Tauro vivevano 2.500 stranieri che avevano occupato i casolari abbandonati della zona e una ex fabbrica di Rosarno. Poi sono stati trasferiti nei centri di accoglienza di Bari e Crotone, molti altri hanno deciso di andare via. Nel racket organizzato per lo sfruttamento il procuratore di Palmi, Giuseppe Creazzo, ha scoperto una fitta rete di persone, stranieri compresi, e dalle indagini patrimoniali nei confronti degli imprenditori agricoli sono state scovate anche truffe ai danni degli enti previdenziali. Perciò il tribunale di Palmi ha disposto il sequestro di venti aziende e 200 terreni, per un valore complessivo di circa 10 milioni di euro.

L'operazione contro il caporalato arriva a ridosso della festa del primo maggio che quest'anno sarà celebrata proprio a Rosarno da Cgil, Cisl e Uil. Ed è il segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, a ricordare che la sede è stata scelta per «affermare il principio di rispetto per chi lavora spesso in condizioni di schiavitù». Soddisfatto per l'operazione di polizia giudiziaria il ministro dell'Interno, Roberto Maroni. Plauso alla procura di Palmi da parte del responsabile di Grazia ne Giustizia, Angelino Alfano: «In Calabria siamo sulla strada giusta» e l'inchiesta «fa finalmente luce sull'odiosa e disumana pratica del caporalato nella zona di Rosarno». Il titolare del Lavoro, Maurizio Sacconi, sottolinea poi «la priorità al contrasto del caporalato» che va considerato «odiosa forma di sfruttamento del lavoro».

Diversi i commenti nel Pd. Marco Minniti sottolinea il fatto che ora «si colpisce finalmente, in modo diretto e frontale, il caporalato». Emanuele Fiano e Rosa Calipari, invece, affermano che ieri «è stata smentita la teoria del ministro Maroni nei giorni della rivolta, cioè che tutto sarebbe stato causato dalla troppa tolleranza verso gli immigrati».

 

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